Due parole su perquisizioni e misure cautelari


Nella mattinata di ieri, 4 maggio 2011, 22 studenti sono stati bruscamente svegliati da uomini in divisa. Prima le perquisizioni, poi la schedatura e, infine, la consegna di 22 ordinanze di custodia cautelare, tra cui 5 arresti domiciliari, sono state le fasi di una mattinata di ordinaria repressione. Se questo non bastasse i media hanno sbattuto sulle prime pagine, anche nazionali, la notizia, presentando l’operazione come grande successo della collaborazione tra polizia ordinaria e servizi segreti. Tante parole sono state spese sulla questione, ma crediamo che qualche precisazione sia necessaria.

Hanno parlato di noi nella maniera più svariata, ci hanno alternativamente dipinto come pericolosi delinquenti o come poveri e ingenui studenti: non siamo nè l’una nè l’altra cosa.

La realtà non è fatta di bianco e nero e le sfumature, in questo caso, sono molto importanti. Le misure cautelari comminate ieri sono, infatti, andate a colpire una categoria ben definita: gli studenti autorganizzati.

Tra noi ci sono anarchici, comunisti, e altri che, molto giovani, sono ancora alla ricerca di una collocazione politica definitiva. Lavoriamo all’interno dell’università, ma non ci limitiamo a questo ambito. Riteniamo, infatti, che valori come l’antifascismo, l’antirazzismo e l’antisessismo vadano difesi sempre e comunque, dentro e fuori da scuole ed università e, per questo, abbiamo protestato contro l’apertura di Casapound, il progetto di un CIE in toscana o la presenza dell’On. Santanchè al Polo di Novoli.

Siamo stati in prima fila nelle mobilitazioni contro la riforma Gelmini e l’università azienda perchè le università sono il nostro terreno di lavoro, perchè sono il luogo dove ci muoviamo ogni giorno, perchè sono la nostra base di partenza, ma non siamo solo questo. Nelle università abbiamo spazi che autogestiamo e dove facciamo politica. Si, politica. Perchè probabilmente la nostra colpa è proprio questa: facciamo politica in un momento in cui più nessuno la fa, non deleghiamo, ma facciamo dell’attivismo e della militanza un elemento centrale della nostra vita.

Per questo negli anni siamo scesi in piazza al fianco dei centri sociali e dei movimenti sociali, abbiamo manifestato contro guerra e repressione, abbiamo organizzato iniziative e conferenze sui tanti argomenti che l’università consapevolmente e colpevolmente tralascia.

I reati che ci vengono contestati sono ben poca cosa in confronto a quelli che commette ogni giorno chi ci sfrutta sul posto di lavoro e chi ci fa pagare affitti sempre più alti.

Se occupare facoltà e stazioni, bloccare il traffico e manifestare la contrarietà allo sfruttamento e ai ricatti padronali con tutti i mezzi necessari è sufficiente per essere “pericolosi delinquenti”, allora lo siamo. Ma non siamo soli. Le pratiche che ci vengono contestate come “pericolosi attacchi all’ordine democratico” sono parte della pratica di migliaia di studenti e lavoratori che, con forza, sono riusciti ad opporsi alla smantellamento dei diritti collettivi (diritto allo studio, diritti sul lavoro).

Noi siamo questo e tanto altro e ci infastidiscono semplificazioni e strumentalizzazioni.

A fronte di tutto questo risulta evidente che quello che ci ha colpito, prima di essere un atto giudiziario, è un atto politico. Con reati ridicoli e accuse poco consistenti hanno costruito un castello accusatorio degno della migliore tradizione complottista. Non esistono, però, complotti o mani occulte: la nostra attività politica è alla luce del sole e rispecchia valori che non ci vergognamo a difendere.

Non arretreremo e non lasceremo che questura e magistrati fermino la nostra lotta.

VITTORIO, DANI, MASSI, LUCA, PIETRO LIBERI!


Collettivo Politico Scienze Politiche

 

  1. #1 di danilo il 5 Maggio 2011 - 23:03

    Sono perfettamente d’accordo.

    Direi pure che sarebbe ora facessimo tutti un buon passo avanti.

    Precisamente: cos’è che ancora ci trattiene dal dire “ma perché ‘sti poliziotti fanno di noi cittadini quello che vogliono?” e soprattutto: “ma non toccherebbe anche a noi cittadini ogni tanto fare la parte dei poliziotti? perché non invertiamo i ruoli: i cittadini, noi che ci tocca ogni giorno protestare contro politiche comprate dalle lobby, prendiamo il posto degli statali (gli sbirri sono statali come tutti gli altri) e gli statali prendono il nostro posto di cittadini, così possono dissentire pure loro qualche volta?”. In fondo in ciò dovrebbe consistere una democrazia.

    Ecco questa è la domanda che pongo:

    Voi che ne pensate degli statali? degli assunti a vita in ruoli che appartengono all’intero POPOLO italiano? Hanno davvero diritto i poliziotti e tutti gli altri loro colleghi statali a detenere a vita un ruolo e potere che appartiene all’intero POPOLO? Non si diventa per caso così dei micro-tiranni a stare sempre lì, con quella divisa sempre addosso? E noi cittadini, noi pacifici dissidenti, non perdiamo ogni dignità civica a rimanere sudditi di un sistema che si basa ancora oggi, esattamente come ai tempi del fascismo, sulla nera cerchia degli statali attorno al potere?

    Vi prego, non cadete nel solito luogo comune: “non si può generalizzare, c’è statale e statale”.

    In verità non c’è vera differenza tra statale e statale: qualsiasi statale, anche il più competente e serio, si appropria di un bene comune (il ruolo pubblico) e toglie agli altri cittadini il diritto di partecipare alla Res Publica. E’ la figura istituzionale dello statale, risalente ad epoca fascista, il problema. Anche fossimo tutti brave persone, impersonando il ruolo dello statale, chiunque di noi farebbe del male alla società, la riporterebbe ai tempi del fascismo.

    Vi prego, diamoci da fare in questo senso: assodiamo una volta per tutte che in una Democrazia NON c’è posto per gli statali. Ecco i due principi della democrazia che i baroni statali ci hanno sempre tenuto nascosti:

    1) quanto di pertinenza e proprietà della Collettività va condiviso,
    2) quanto di pertinenza e proprietà della Persona va rispettato.

    Ringrazio e saluto,

    danilo d’antonio

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