APPROVATA LA RIFORMA DELL’UNIVERSITA’


Nel corso dell’ultimo Consiglio dei
Ministri è stata approvata la nuova Riforma Gelmini per
l’Università. Tra dichiarazioni di principio di difficile attuazione
e piccolezze amministrative si può scorgere un vero punto di svolta
per l’università italiana. Viene, infatti, implementato un
processo già in atto da molti anni: il prepotente ingresso dei
privati nella gestione dell’università pubblica. Questo avviene
attraverso la previsione della nuova figura del Direttore Generale,
un vero e proprio manager con responsabilità gestionali,
e la determinazione della composizione del consiglio di
amministrazione nel quale si prevede la "non appartenenza di
almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a
decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la
durata dell’incarico". Questo, molto semplicemente, significa
che un organo formato da almeno il 40% di privati sarà preposto a
"funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della
programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché
di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle
attività; della competenza a deliberare l’attivazione o la
soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il
regolamento di amministrazione e contabilità, il bilancio di
previsione e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al
Ministero dell’economia e delle finanze".

Parallelamente a
questo si avvia un processo di ottimizzazione e razionalizzazione del
servizio. L’università-azienda viene, così, amministrata sulla
base di valutazioni di mercato che prevedono il
taglio di indirizzi scientifico-disciplinari, corsi di laurea,
facoltà, atenei non sufficientemente redditizi, scatti stipendiali
per i professori considerati migliori secondo parametri che non è
dato conoscere, licenziamenti del personale tecnico amministrativo in
esubero. Per gli studenti si prevede il "prestito d’onore"
che sostituisce, di fatto, l’indebitamento con un ente alla
borsa di studio fornita dallo stato, caricando lo studente della
responsabilità della garanzia del proprio diritto allo studio.

Nella logica di razionalizzazione si
prevede, inoltre, un’ingente riduzione del personale attraverso la
mancata previsione di risorse per le assunzioni a fronte dei numerosi
pensionamenti previsti e l’abolizione della figura del ricercatore a
tempo indeterminato. Questi ultimi vedranno, nel migliore dei casi, prolungata nel tempo la loro
condizione di precarietà senza alcuna speranza di futura
assunzione(almeno altri 6 anni di contratti a tempo determinato)
quando non il licenziamento, dati i progetti di riduzione e
accorpamento di facoltà e atenei.

Per quanto riguarda gli studenti,
questo significa un sistema di istruzione dequalificato con peggiore
didattica e minori servizi, fatte salve le oasi di pretesa
"eccellenza" per pochi fortunati che, comunque, se
assomiglieranno a quelle di oggi, saranno eccellenti solo nei
finanziamenti e nelle relazioni politiche, non certo nella qualità
della didattica e della ricerca. Chi invece volesse lavorare nel
settore della ricerca è bene che cominci a preparare le valigie dato
che, attraverso la gestione e il finanziamento privato, (“senza
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica” è il motto che
attraversa tutto il progetto di legge) la ricerca e l’istruzione
perdono anche la poca libertà rimanente a favore di un completo asservimento alle necessità dei
finanziatori di turno. La sopravvivenza di corsi di laurea e facoltà
verrà, così, vincolata ai livelli di produttività ed efficienza
con notevoli conseguenze su tutto il mondo universitario: ricerca
possibile solo in settori finanziati dal privato e dunque più legata
alla produzione di profitto (quindi spesso legata ad esigenze
dell’industria bellica o ai capricci delle case farmaceutiche) che
alla pubblica utilità; tirocini obbligatori e a titolo gratuito;
numero chiuso alle triennali e blocchi all’ingresso di
specialistiche e master; licenziamenti e razionalizzazione del
personale.

 

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LUNEDI’
2 NOVEMBRE ORE 16.30 – Edificio D5 – Aula Bruno Fanciullacci (porta
rossa) – Polo delle Scienze Sociali di Novoli – Firenze

 

 

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