Nella sola scuola in Toscana tra
docenti e ATA sono andati persi circa 2.500 posti nell’anno in corso.
La qualità della scuola pubblica subisce un progressivo degrado:
classi superaffollate, non si nominano i docenti per le supplenze con
l’ impossibilità di garantire il temposcuola, riduzione delle ore
di sostegno per gli allievi diversamente abili, mancato rispetto
delle norme sulla sicurezza quando si dividono gli alunni senza
docente nelle altre classi, disparità di trattamento per chi non si
avvale dell’insegnamento della religione cattolica perché non c’è
l’insegnante di alternativa o studio individuale. La disgregazione
e la distruzione della scuola pubblica vengono in questo modo
garantite a tutto vantaggio della privatizzazione dei servizi
pubblici. Dopo aver sostenuto per anni che la flessibilità è un
valore, dopo aver tagliato centinaia di migliaia di posti ora
Tremonti ci dice: “ Credo nel posto fisso, la precarietà non è un
valore”.
SIAMO D’ACCORDO! E CHIEDIAMO AL MINISTRO DI PASSARE
DALLE PAROLE AI FATTI
La scuola reclama a gran voce:
- RITIRO DEI TAGLI e
IMMISSIONI IN RUOLO PER TUTTI I PRECARI
- MASSICCI FINANZIAMENTI PER
UNA SCUOLA STATALE DI QUALITA’
- UNA SCUOLA LAICA ,
INTERCULTURALE E DELL’ACCOGLIENZA
I precari/e della scuola invitano tutti
i lavoratori e le lavoratrici a partecipare al
POSTO FISSO DAY – MERCOLEDI’ 11 NOVEMBRE ore 16 DAVANTI ALLA PREFETTURA Via Cavour 1 FIRENZE
NOI LA CRISI NON LA VOGLIAMO PAGARE
57.000 lavoratori della scuola
quest’anno non hanno visto riconfermato il proprio contratto, per
questi lavoratori non resta che l’assegno di disoccupazione. L’anno
prossimo i tagli previsti per la scuola dalla Legge finanziaria del 6
agosto 2008, n. 133 saranno più del triplo di quelli di quest’anno
e vedranno la demolizione della scuola superiore e dell’università.
Mentre assistiamo allo smantellamento della scuola pubblica statale
anche in tutti gli altri comparti lavorativi, centinaia di migliaia
di lavoratori perdono il posto.
Molte aziende subiscono i contraccolpi
della crisi e chiudono per il calo della produzione ma altre, che
sono in buona salute e la crisi la cavalcano, chiudono lo stesso, per
motivi speculativi. Quindi c’è l’indotto, che chiude con altre
centinaia di migliaia di famiglie per strada. Le cifre sono
impressionanti.
Il mondo dell’industria è
attraversato già da molti anni dalla frenesia dello sfruttamento di
mano d’opera nei paesi con uno scarso valore della moneta locale ed
ora, approfittando della crisi, si affretta a delocalizzare i pochi
stabilimenti rimasti in Italia che poi, tanto, con lo scudo fiscale,
si riportano indietro i soldi senza neanche pagare le tasse. Queste
aziende sono in buona salute ma chiudono e i lavoratori, quando
arrivano davanti ai cancelli, non trovano più i macchinari. L’hanno
capito bene i lavoratori della INNSE quando hanno deciso di non
mollare il controllo dei capannoni!
La piccola impresa, ma anche il mondo
dell’’artigianato, sono avvolti in una morsa di debiti e mancanza
di commesse, mentre il potere d’acquisto delle famiglie precipita e
l’inflazione tende a salire. Le aziende al di sotto dei 15
dipendenti chiudono, lasciando sparsi qua e là lavoratori licenziati
e senza cassa integrazione.
Il mondo del terzo settore va a picco
perché non ci sono più interventi pubblici sul sociale, interventi
che già da molti anni, come nella scuola, si servivano di personale
precario. Questi lavoratori non faranno numero nelle statistiche
della crisi perché non si avvalgono di ammortizzatori, proprio come
il popolo delle partite IVA, lavoratori costretti a dichiararsi in
proprio per alleggerire ogni onere a carico del datore di lavoro e la
cui prestazione di lavoro, completamente senza tutela, diventa una
merce su una fattura.
Sono vent’anni che è stato avviato
in Italia un processo di precarizzazione del lavoro che parte dalla
Legge Treu del 24 giugno 1997, n. 196, da parte di governi di
centrodestra e di centrosinistra, con la complicità dei sindacati
confederali. Da allora il contratto a termine ha avuto un’escalation
che ha costretto soprattutto i più giovani ad adattarsi a condizioni
di lavoro incerte e senza tutele. Abbiamo questo davanti agli occhi,
quando ci arriva l’insulto del Ministro Tremonti, in forma di
elogio del posto fisso. Certo, se negli ultimi anni i sindacati
confederali avessero respinto con forza la politica della
flessibilità e della precarizzazione, invece di spendersi in
vigliacche strategie per farla digerire ai lavoratori, sarebbe più
complicato oggi, in questa drammatica crisi economica, distruggere la
vita di tante famiglie. Se i lavoratori non avessero perso,
sistematicamente, tutte le tutele del posto a tempo indeterminato la
mattanza potrebbe ancora essere fermata.
Tuttavia la cassa integrazione e
l’indennità di disoccupazione stanno solo differendo la percezione
della tragedia sociale che si sta concretizzando. Si sa che questi
strumenti, cui si è fatto massiccio ricorso negli ultimi mesi, sono
a tempo determinato. Quando arriveranno a scadenza scoppierà la vera
pandemia! Alcuni milioni di persone in Italia non saranno più in
grado di assicurare un pasto dignitoso a se stessi ed ai propri
figli. Si invitano perciò i movimenti, le associazioni, i comitati,
i collettivi, le reti, le organizzazioni di precari, gli autonomi e
gli autorganizzati, i singoli inoccupati, disoccupati, licenziati a
sostenere e partecipare alle iniziative, a scendere in campo tutti e
tutte insieme inondando le strade, le piazze.