NESSUN UOMO E’ ILLEGALE!


I migranti, da sempre trattati come gruppo a sé stante, sono parte fondamentale della nostra società in quanto studenti, lavoratori, disoccupati. Per questo essi subiscono sia le difficoltà dovute alla propria collocazione lavorativa e di classe, sia costrizioni derivanti dall’origine etnica. La necessità di un contratto di lavoro per l’acquisizione del premesso di soggiorno, il reato di clandestinità e la possibilità di essere espulsi o rinchiusi in un CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione), sono solo alcuni aspetti di una condizione organica di emarginazione e sfruttamento. L’ottenimento del permesso di soggiorno, ad esempio, si delinea come un ricatto: senza di esso non si può lavorare con regolare contratto, e senza un contratto di lavoro non si può ottenerlo.

In questo modo, se da un lato i migranti sono costretti ad accettare condizioni di lavoro aberranti e sottopagate per vedersi riconosciuto lo status di regolare, dall’altro, grazie al clima xenofobo e razzista fomentato dalle istituzioni, si assiste all’accanimento contro di loro degli stessi lavoratori italiani. Demonizzati come causa principale della disastrosa situazione lavorativa italiana dagli altri lavoratori e utilizzati come esercito di riserva dai padroni per peggiorare le condizioni di lavoro di tutti, essi sono, in realtà, fondamentali per un paese a crescita zero che ha continua necessità di manodopera. Dalle fabbriche del nord ai campi agricoli del sud subiscono anch’essi gli effetti della crisi e, a volte, nonostante la maggiore ricattabilità e la disunione con gli altri lavoratori, scelgono di mobilitarsi per migliorare le proprie condizioni di vita venendo identificati come un pericolo (Rosarno, Via Padova).

In questo clima di precarietà (molti dei lavoratori agricoli di Rosarno provenivano dalle fabbriche del nord colpite dalla crisi) le norme del pacchetto sicurezza, che aumentano di un terzo se il reato è stato commesso da un clandestino, e il CIE, peggiorano nettamente le condizioni dei migranti attraverso detenzione amministrativa e inasprimento delle pene. Norme sempre più stringenti e costi amministrativi esorbitanti sono, così, i presupposti fondamentali per la loro reclusione in centri che, sotto gli occhi compiacentemente socchiusi della Croce Rossa, di Misericordia e cooperative, ne violano i diritti e la dignità, punendoli semplicemente per la loro presenza sul suolo italiano.

Le stesse istituzioni toscane, che fino a ieri si dichiaravano contrarie all’edificazione di un CIE sul territorio regionale sono ora unite nel progetto di costruzione di uno di questi carceri “purché vengano rispettati i criteri di umanità e di accoglienza”. E’, però, inimmaginabile pensare che questi criteri possano essere rispettati in quanto è insita nell’idea stessa di CIE/CPT la volontà di comprimere i diritti dei migranti per renderli più ricattabili e, dunque, più sfruttabili.

Tutto questo corrisponde ad una logica ben precisa: quella delle istituzioni e dei padroni che, attraverso la costruzione di un vero e proprio “razzismo di stato”, cercano di fomentare la guerra fra poveri e lo sfruttamento della classe lavoratrice nel suo complesso.

 

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