MA QUALE FLESSIBILITA’?


Con il concetto di flessibilità del
lavoro si intende la “possibilità” per il lavoratore di cambiare
occupazione nel corso della propria carriera. E’ stata presentata
da economisti e politici come la risoluzione dell’elevato tasso di
disoccupazione, e della rigidità del mercato del lavoro, ed è stata
accettata da CGIL, CISL e UIL come una “cura” necessaria di cui
nel lungo periodo avrebbe beneficiato l’intera collettività. 
Basti pensare che nell’ultimo decennio le ore lavorative annue sono
aumentate e una quota sostanziale del reddito (l’8%, secondo la Banca dei regolamenti Internazionali), dagli anni ’80
ad oggi,  è passata dai salari ai profitti dell’impresa
(23° posto della classifica sui salari dei paesi
O.C.S.E.), ed il tasso odierno di disoccupazione è risalito
rapidamente al 10%, al sud al 25%:  in  sostanza si lavora
di più e con meno sicurezza e si percepiscono salari più esigui, a
dimostrazione che l’unica “collettività” che ha beneficiato
delle politiche di austerità degli anni ’80 e ’90 è stata la
classe padronale, aiutata in questo dai sindacati confederali.

Le leggi e gli accordi flessibilizzanti
hanno introdotto tutte le forme di lavoro atipico (part-time,
contratti a termine, tirocini formativi, co.co.pro.- contratti di
collaborazione a progetto-) spianando la strada alla precarizzazione
dei rapporti di lavoro. Da tempo hanno preso il via i processi di
privatizzazione, esternalizzazione e cessione di ramo d’azienda con
cui si permette al padrone di turno di utilizzare le forme
contrattuali che meglio si confanno al raggiungimento del massimo
profitto, rendendo di fatto il lavoratore una merce da utilizzare a
suo vantaggio. Per scendere ancor più nello spicciolo, il
“pacchetto” TREU-BIAGI, consente al datore di lavoro di non
pagare contributi (previdenza sociale, pensione)  per
determinate categorie contrattuali (part-time ad esempio);  per
quanto riguarda il pagamento delle ore aggiuntive, abolendo il limite
massimo di ore di straordinario effettuabili nell’arco della
giornata (cioè il limite delle 8 ore) e dando massima flessibilità
agli orari lavorativi, si consente all’impresa di non retribuire le
ore aggiuntive giornaliere come straordinari spalmandole nel monte
ore mensile. Viene inoltre abolito l’istituto del collocamento
pubblico, permettendo che l’assunzione dei lavoratori sia a totale
discrezione delle imprese, di agenzie private e interinali.Attraverso
queste riforme, si disciplina anche il tirocinio formativo, o stage,
consentendo alle aziende di utilizzare questo istituto per ottenere
forza lavoro a costo zero. In questo modo non solo i lavoratori si
trovano in una situazione di sfruttamento, ma anche gli studenti,
futuri lavoratori, vengono a divenire parte integrante del
precariato, prima prestando servizi lavorativi gratuiti, poi
inserendosi in un mercato del lavoro sempre più vicino al collasso.

Attualmente il capitale sta utilizzando
le leggi del governo per distruggere quelle poche tutele conquistate
faticosamente dalle lotte operaie: la recente legge sull’arbitrato
si presenta come smantellamento dell’articolo 18 dello statuto dei
lavoratori (che tutela dal licenziamento senza giusta causa),
garantendo mano libera ai padroni di licenziarci quando non hanno più
bisogno di noi, contribuendo cosi alla frammentazione della classe,
sottoponendo i lavoratori a qualsiasi ricatto.

In un momento di crisi il Capitalismo
riesce a mantenere il suo profitto soltanto abbassando il costo del
lavoro attraverso lo smantellamento dei diritti collettivi. Mentre
industriali e banchieri vengono salvati con manovre finanziarie
statali e le grandi multinazionali continuano a fare affari,
centinaia di milioni di lavoratori vedono peggiorare ogni giorno le
proprie condizioni di vita e i propri diritti.

Se vogliamo salvarci dal futuro di
merda in cui stiamo sprofondando, è necessario non starsene più con
le mani in mano accettando passivamente la realtà, ma avviare
percorsi di lotta auto-organizzata nei quartiere, nelle fabbriche,
nelle scuole e nelle università. Per opporsi con forza ad un sistema
che non può sopravvivere se non grazie allo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo.

 

CONTRO SFRUTTAMENO E PRECARIETA’…

CHE
LA CRISI LA PAGHINO I PADRONI!!!

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