Con il DDL Gelmini 1905 il concetto stesso di “diritto allo studio” subisce una radicale trasformazione, in quanto i criteri di reddito attualmente vigenti per l’erogazione di “borse di studio” saranno integralmente sostituiti dal criterio del merito, attraverso l’istituzione del cosiddetto “Fondo per il merito”. Tale fondo fornirà agli studenti meritevoli dei “finanziamenti” (che saranno in realtà prestiti d’onore) e dei “buoni studio” (a sostituzione delle vecchie borse, anch’essi “da restituire in parte al termine degli studi”), erogati dopo il superamento di un test selettivo. Ma non finisce qui! Il finanziamento del Fondo per il merito, infatti, sarà garantito da un vero e proprio circolo vizioso perché proverrà in parte dalla contribuzione studentesca per accedere alla prova di selezione dei meritevoli stessi, ed in parte da “donazioni” private.
È evidente che se per accedere ad un diritto bisogna pagare, esso non è più tale ma diviene un privilegio. Una merce svenduta al miglio offerente.
Si tratta di uno strumento esplicito ed odioso di selezione di classe, che penalizzerà agli studenti provenienti dalle fasce sociali meno abbienti. In realtà il concetto di merito, in una società in cui ciascuno parte da condizioni economiche e culturali assai differenti, è solo un paravento ideologico dietro cui nascondere la volontà di riprodurre gli squilibri esistenti.
Un ulteriore dispositivo selettivo, già operativo da diversi anni, è rappresentato dall’introduzione di sbarramenti all’ingresso dei corsi di laurea (attraverso i test di autovalutazione, dal costo di 30 euro, come anticamera del numero chiuso) e quelli all’uscita (nel passaggio da triennale a magistrale a master, dai costi proibitivi). Naturalmente, il numero chiuso è presentato come uno strumento virtuoso capace di favorire i meno abbienti, poiché basato sul merito e non sul reddito, ignorando che statisticamente la provenienza sociale e geografica ed il bagaglio culturale familiare influisce non poco sulle possibilità di accesso al mondo universitario, favorendo chiaramente gli studenti benestanti.
A tutto ciò bisogna aggiungere i nuovi tagli, denunciati a fine agosto anche da vari giornali: se nel 2009-10 i finanziamenti per le borse di studio erano in calo di 146 milioni, per l’annata 2010-11 è previsto un ulteriore taglio di 24 milioni (tagli del 60% rispetto al 2009!). il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), che insieme alle contribuzioni studentesche e alle “donazioni” di privati costituisce fonte di entrata per le università, subirà un taglio di 1,3 miliardi di euro. Per compensare la perdita è inevitabile che, da un lato aumenterà il flusso di capitali privati nel finanziamento universitario (così da condizionarne la didattica) e dell’altro cresceranno le tasse degli studenti, rappresentando un’ ulteriore beffa per chi non ha le possibilità economiche di sostenere le già ingenti spese per i loro studi. Studi che vedono già moltissimi ostacoli nella carenza di servizi come borse di studio, mense pubbliche, residenze, biblioteche, etc. La grande beffa: ogni anno più di 30mila studenti si sentono rispondere che i loro requisiti sono a posto, sono «idonei» a ricevere la borsa di studio, ma i soldi per loro non ci sono.
In definitiva, quello che il DDL rappresenta è un attacco generalizzato al diritto allo studio ed è per questo che si non può restare indifferenti al processo di smantellamento dell’università pubblica e al progressivo assoggettamento di questa agli interessi aziendali e di chi vuole gestire tempi, modi e spazi del nostro studio e della nostra vita.
L’unica risposta alla selezione, alle politiche che ci vogliono sempre più ingabbiati e legati al nostro destino di lavoratori competitivi e supini ai bisogni del padrone di turno è la lotta per una Università che sia pubblica, gratuita, che sviluppi pensiero critico, che non sia elitaria, bensì di massa.
I DIRITTI NON SI MERITANO SI CONQUISTANO!!!
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