Dunque dove eravamo?… Novembre 2010, il ddl 1905 slitta in avanti sospinto da un governo fragile e dalle spallate studentesche…dicembre, occupazioni, blocchi del traffico e della didattica fanno indietreggiare il governo, che tuttavia criminalizza il movimento, non tenta nessuna mediazione …14 dicembre, Roma, chi decide incassa la fiducia alla Camera, per le strade divampa la rivolta.
Piazza del Popolo ci fornisce un assaggio di quella particolare alchimia socio-politica che viene mescolandosi in Italia, come anche nel resto d’Europa. Da un lato c’è una base sociale che subisce la perdita di diritti collettivi e che si eccita, si anima in alcuni suoi settori, dall’altra delle formazioni governative votate all’imposizione populista e autoritaria della legge del più forte (il capitale privato ed il potere baronale, nel nostro caso), non essendo possibile altrimenti. Dalla palude del dibattito parlamentare, comunque sia andato l’iter legislativo dello scellerato provvedimento, emerge chiaro il processo di esecutivizzazione della politica, cioè il passaggio lento dalla finzione della democrazia parlamentare alla realtà dell’imposizione.
Una riforma monca
Questo il quadro a dicembre. Nel frattempo la riforma viene approvata ed entra ufficialmente in vigore a fine gennaio. È una riforma monca, perchè offre solo delle linee guida che richiedono un ulteriore passaggio applicativo, demandato direttamente agli Atenei la ristrutturazione degli organi di governo universitari. Sono le norme che avvicinano il funzionamento delle Università a quello delle grandi aziende, prevedendo inoltre l’ingresso di esperti-esterni nel CDA dell’Ateneo. Le disposizioni in questione richiedono alle Università, al fine di modificare il proprio statuto, di nominare entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge una commissione apposita composta da 6 elementi nominati dal Senato Accademico, altrettanti dal CDA, due studenti ed il rettore.
Nonostante i 6 mesi (più altri 3) concessi dal Governo per la riscrittura degli statuti, molte Università stanno già avviando i lavori delle rispettive Commissioni, nominandone, spesso in fretta e furia, i componenti. All’imposizione di tali cambiamenti al corpo studentesco si affianca stavolta il tentativo di inglobare gli studenti stessi nella cogestione dei processi nocivi.
Non è un caso che la legge Gelmini preveda la presenza di due rappresentanze studentesche all’interno della suddetta Commissione, come anche la formazione di commissioni paritetiche professori-studenti in ogni dipartimento, al fine di cogestire la riduzione dei piani di studio, il taglio di insegnamenti, corsi, financo delle facoltà. Non è da ieri che, sbandierando il dovere alla partecipazione, governo e rettori tentano di fornire legittimità ai processi di ristrutturazione liberista dell’Università, inglobando gli studenti nella gestione finale dei processi stessi. Le stesse quote di partecipazione studentesca agli organi di Ateneo, nettamente minoritarie, assolvono ormai da tempo a questa funzione, grazie al consenso delle organizzazioni studentesche concertative venute fuori dalla palestra del sindacalismo nostrano di marca CGIL-CISL-UIL.
Il caso fiorentino
Il rettore fiorentino Tesi insieme al suo entourage non è stato da meno. Dopo aver promesso tanto agli studenti fiorentini in mobilitazione e mantenuto ben poco (tranne una giornata di blocco della didattica il 30 novembre ed una “vibrante” protesta giornalistica nei confronti del ministro Gelmini, subito rinviata al mittente), partecipa in sordina, come la maggioranza dei rettori italiani, all’applicazione forzata della legge 240 (legge Gelmini). A pochi giorni dal 29 gennaio, data di entrata in vigore della legge, in sedute straordinarie e private del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione non pubblicizzate sul sito di Ateneo, vengono nominati i membri della Commissione di revisione dello statuto. Dopo poco il rettore nomina unilateralmente due membri tra i rappresentanti di Studenti di Sinistra, che accettano di far parte della Commissione. I 9 mesi (6+3) di tempo che la legge assegna alle Università per l’applicazione della legge non tolgono al rettore questa insana fretta di risolvere la questione “riforma”: sono forse i suoi stessi studenti a fargli paura? Meglio tenerli all’oscuro di tutto, lasciando che se la spassino con gli esami di febbraio?
Le scelte del movimento tra neo-corporativismo e resistenza
Che fare dunque ora? Il movimento studentesco ha dimostrato lo scorso dicembre di sapersi scegliere i propri alleati, facendo proprie le lotte per la salvaguardia dei diritti collettivi, del salario e della vita dei lavoratori. La generalizzazione della lotta, in un momento di crisi come quello attuale, è e deve essere praticata, dotandosi dell’organizzazione e del coordinamento necessario con gli altri settori delle classi subalterne per resistere alle politiche di restringimento dei diritti collettivi. Tuttavia bisogna portare avanti la lotta anche e sopratutto all’interno di scuole ed Università, facendo diventare questa vertenza contro la legge 240 e la sua applicazione una battaglia politica di tutti: niente è perduto, lo riconoscono anche i nostri nemici, come il presidente della CRUI Decleva che si preoccupa di salvaguardare l’applicazione del provvedimento.
1) Opporre resistenza alla legge Gelmini si traduce, prima di tutto, nella richiesta di ritiro della legge stessa, e nel boicottaggio sistematico della sua applicazione reale. Perchè ciò avvenga bisogna ostacolare i lavori della Commissione di revisione dello Statuto. La scelta neo-corporativa di stare dentro il processo su posizioni critiche, costruendo una opposizione “compatibile” con il funzionamento del sistema amministrativo universitario (scelta sulla quale si sta dirigendo Studenti di Sinistra a Firenze) è già di per se un grosso errore, perchè legittima l’iter di applicazione piuttosto che impedirlo ad ogni costo.
2) Come in altre città (Napoli, Torino), in cui si stanno invitando i rappresentanti degli studenti a non partecipare ai lavori della Commissione, così a Firenze diffidiamo Studenti di Sinistra o chi per loro dal farlo, a maggior ragione quando la loro nomina non elettiva e piena di polemiche serve unicamente all’accelerazione del processo di applicazione.
3) Chiediamo infine spiegazioni al Rettore per la procedura di nomina dei componenti di Commissione, svoltasi in maniera antidemocratica e occulta, e sopratutto senza l’indizione di un’assemblea di Ateneo (come accade invece a Trieste) che coinvolgesse gli studenti nel nuovo dibattito sulla legge 240.
Su queste basi vorremmo riaprire il dibattito sulla riforma a Firenze, in connessione con le altre città d’Italia che si muovono o si muoveranno nella stessa direzione, nella certezza che l’anno è iniziato da poco e il futuro non è scritto.
RITIRO IMMEDIATO DELLA RIFORMA!
BOICOTTIAMO I LAVORI DELLA COMMISIONE STATUTO!
RILANCIAMO LA LOTTA!
I DIRITTI NON SI MERITANO, SI CONQUISTANO!
COLLETTIVO POLITICO SCIENZE POLITICHE
RED-NET
Rete Delle Realtà Studentesche Autorganizzate
Link di un articolo de Il Manifesto sulla legge gelmini:
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/02/articolo/4178/