SABATO 6 FEBBARIO ORE 16.00 > PRESIDIO REGIONALE ANTIFASCISTA – PIAZZA DELLA COSTITUZIONE – FIRENZE
Anche quest’anno, purtroppo, poche
decine di persone insceneranno la solita lugubre sfilata silenziosa
per “ricordare le vittime delle foibe e del comunismo”, condita
da tricolori, croci celtiche, bandiere neoirredentiste e saluti
romani. Insieme ai rampolli della destra fiorentina ci saranno,
ovviamente, i vertici del PDL. L’istituzione della Giornata del
Ricordo rappresenta un punto di svolta di quel lungo processo
chiamato “revisionismo storico”: un processo che mira alla tanto
sbandierata “pacificazione nazionale”, da ottenersi mediante una
“memoria condivisa”, basata su una metodica falsificazione delle
verità storiche. Una falsificazione che avviene per mano dei
politici, di destra e di centro-sinistra, che strumentalizzano un
fenomeno svincolandolo dal suo contesto storico e gonfiandone a
dismisura i numeri (Gasparri è arrivato a sostenere addirittura che
gli infoibati fossero milioni!), e per mano di alcuni “storici”,
incapaci o in malafede.
Il fenomeno delle foibe può essere
infatti compreso solo se lo si colloca nella sua reale dimensione storica. La Venezia Giulia, l’Istria e
la Dalmazia entrarono a far parte dell’Italia, a dispetto della loro composizione etnica, come compenso per
aver combattuto a fianco dell’Intesa nella Prima Guerra Mondiale. L’avvento di Mussolini
inaugurò il cosiddetto “fascismo di frontiera” (in piena
continuità con la politica dei liberali): vale a dire una serie di
provvedimenti di italianizzazione forzata del confine orientale, che
portarono alla chiusura di scuole croate e slovene, all’imposizione
dell’italiano nei giornali e nei tribunali, fino all’italianizzazione
dei cognomi e della toponomastica). Come se non bastasse, nell’aprile
del ’41 l’Italia partecipò all’occupazione nazista della Jugoslavia,
rendendosi protagonista di omicidi, stupri e rastrellamenti, di
incendi di interi villaggi e dell’internamento di migliaia di civili
in campi di concentramento (come ordinava la “famosa” circolare
3c del gen. Mario Roatta). E’ in questo quadro esasperato che ebbe
luogo l’episodio delle foibe. Questo va inoltre diviso in due episodi
distinti.
Quello del settembre ’43, quando,
secondo fonti nazifasciste, i morti furono 3-400 (le salme recuperate
furono 200), nelle stesse zone che, temporaneamente in mano ai
partigiani di Tito (giuridicamente al fianco degli Alleati e contro i
Repubblichini!), furono riconquistate al prezzo di 13mila morti tra
militari e civili. Questo fenomeno può quindi essere definito come
un episodio di giustizia sommaria delle persone più compromesse con
il regime fascista (se i partigiani avessero voluto fare “pulizia
etnica” degli italiani, il numero dei morti sarebbe stato non poco
più alto). L’altro episodio fu quello del maggio ’45, dove gli
scomparsi furono invece 500, regolarmente arrestati e giudicati da un
Tribunale Militare (della maggior parte di essi, che furono fucilati,
è accertata la loro passata appartenenza a forze militari o
collaborazioniste del nazifascismo). Delle vendette personali (e ce
ne furono in tutta Europa, nei mesi successivi alla fine della
guerra) non possono essere certo resi responsabili un movimento di
liberazione intero né, tanto meno, un popolo.
E’ così che membri di milizie
fasciste, civili collaborazionisti e delatori diventano “innocenti
la cui unica colpa era quella di essere italiani e non
vergognarsene”, così come i Repubblichini diventano “bravi
ragazzi animati da un non comune amore per l’Italia”, da equiparare
ai partigiani liberatori. La Giornata del Ricordo diventa invece la
giornata dell’orgoglio fascista, ufficialmente legittimato dal
riconoscimento dello Stato, e il punto culminante di quell’operazione
di sdoganamento che permette a questa feccia di candidarsi alle
elezioni con il PDL (come il leader di Forza Nuova Fiore), di
scorrazzare per le nostre città aggredendo migranti, omosessuali e
militanti di sinistra, di mettere in atto raid punitivi contro i
lavoratori in lotta (vedi il caso dell’Eutelia, a Roma) e, in ultimo,
di diffondere un’ideologia autoritaria, dell’ordine e della
sicurezza. E’ questo il ruolo dei fascisti, lo era prima del ’22, lo
era negli anni della strategia della tensione e lo è ancora adesso:
da una parte intimorire e reprimere chi lotta (protetti e
spalleggiati dalle forze dell’ordine), dall’altra fare proseliti, in
tempi di crisi economica, attraverso una propaganda populista e
razzista, affinché chi ogni giorno lucra sulle nostre vite e sul
nostro lavoro mantenga inalterati i suoi immensi profitti e continui
a manovrarci dall’alto.
Non lasceremo che mentre i nostri
compagni muoiono e soffrono nelle carceri, mentre quattro lavoratori
al giorno non tornano a casa dalle loro famiglie per una miseria, i
fascisti, vecchi, nuovi e ripuliti, ostentino i loro vergognosi
simboli e sfilino per la nostra città diffondendo odio e xenofobia.