16 MARZO: CORTEO BOLOGNA BURNS!


MARTEDI’ 16 MARZO 2010 ORE 9.00 – PIAZZA SAN MARCO FIRENZE > CORTEO STUDENTESCO BOLOGNA BURNS!

L’11 e il 12 marzo 2010 i ministri
dell’istruzione di 46 paesi europei hanno celebrato a Vienna il 10°
anniversario della dichiarazione di Bologna. In contemporanea
migliaia di studenti si sono mobilitati contro il processo di
ristrutturazione del sistema formativo, manifestando sia nella
capitale austriaca che in molte altre città europee. A Firenze,
nella mattinata del 10, abbiamo occupato insieme ad altri collettivi
universitari il Rettorato dell’università bloccando lo svolgimento della seduta del Senato
Accademico in corso.


Un po’ di storia…

Dieci anni fa, nel “lontano” 1999,
29 ministri dell’istruzione provenienti da vari paesi Europei, tra
cui il nostro, hanno sottoscritto la Dichiarazione di Bologna, cioè
un documento d’indirizzo strategico al quale tutti i governi si
sono effettivamente adeguati nel corso di questianni. La
Dichiarazione principalmente ha introdotto:

  1. Il sistema del credito/debito
    formativo come strumento di quantificazione della conoscenza;

  2. la progressiva selezione di
    classe, con l’istituzione del 3+2 e di successivi livelli di
    istruzione (costosissimi Master e specializzazioni);

  3. attraverso dichiarazioni, libri
    bianchi, raccomandazioni, direttive della Commissione Europea, o la
    semplice azione coordinata dei governi, ha implementato la
    privatizzazione dei servizi legati al diritto allo studio e la
    riforma della Governance Universitaria.

Oggi, dieci anni dopo, abbiamo sotto
gli occhi il prodotto del lavoro svolto dai ministri e dai tecnocrati
europei. Viviamo in Università nelle quali viene data la possibilità
ai privati di entrare nei consigli di amministrazione, consentendo
loro di gestire sia la didattica, sia la parte finanziaria, con
inevitabili ricadute sulla ricerca. Il diritto allo studio viene
progressivamente “affidato” allo speculatore di turno, attraverso
strumenti come il prestito d’onore o il mercato degli affitti; è
sempre più difficile accedere a servizi come la mensa e gli alloggi
universitari; si riducono gli spazi di aggregazione e socialità. In
Italia abbiamo la conferma di quanto diciamo: le immatricolazioni
quest’anno sono diminuite del 2,3%, con forti picchi nelle regioni
a basso reddito, una fotografia perfetta dei risultati di decenni di
politiche neo-liberiste.


Non ci bastano vittorie
parziali…Abbattiamo il Processo di Bologna!

L’università-azienda è stata
costruita negli ultimi dieci anni con riforme attuate da governi di
qualsiasi colore politico. Dall’autonomia finanziaria firmata
Ruberti alla riforma Gelmini del 2010 si sono susseguite leggi e
provvedimenti che hanno smantellato l’università pubblica.

Tante sono state le mobilitazioni che
hanno saputo porre l’attenzione su questi temi fino ad arrivare
all’autunno del 2008 quando, in risposta all’ennesimo attacco al
diritto allo studio, è nato un movimento trasversale a tutti i
livelli della formazione. Studenti e ricercatori sono scesi in piazza
ed hanno occupato scuole ed università con rivendicazioni che hanno
inquadrato le riforme all’interno di un più ampio processo di
ristrutturazione del sistema capitalistico.

L’Italia non è stata, però, un caso
isolato: dalla Grecia allo Stato Spagnolo, passando per Germania,
Austria, Svizzera, Olanda, Francia e Paese Basco, la protesta è
divampata in Europa con scioperi e contestazioni al modello di
istruzione promosso dal Processo di Bologna. Il passaggio necessario
per garantire un successo reale a queste mobilitazioni è
l’unificazione delle lotte a livello europeo sotto l’unica parola
d’ordine possibile: abbattiamo il Processo di Bologna!

 

Chi governa in Europa…

Dietro le quinte dell’architettura
giuridica europea c’è il burattinaio che muove i fili delle
riforme. Si chiama ERT (European Round Table of Industrialists), la
più potente lobby industriale europea che ha deciso di elaborare un
piano comune di intervento sui meccanismi dell’istruzione nel
momento in cui si presenta la necessità che la futura forza-lavoro
si prepari a ciò che le spetta, un futuro di precariato,
disoccupazione e sfruttamento, mascherato dietro il mito della
flessibilità. L’introduzione degli stages formativi e
l’asservimento della formazione pubblica ai bisogni del capitale
privato già producono una forza lavoro disciplinata, a costo zero,
da immettere immediatamente sul mercato del lavoro. Sempre in Italia
è in via di approvazione una legge che “consente” di spendere i
propri anni di scuola in tirocini formativi, cioè lavorando gratis.


…e chi subisce

È evidente come il processo di
ristrutturazione del sistema formativo sia intimamente legato
all’attacco frontale ai diritti collettivi dei lavoratori. Questo
fatto risolve il dilemma delle alleanze possibili per noi studenti:
possiamo scegliere di allearci con i baroni, che veicolano
l’ideologia neo-liberista nelle nostre facoltà e rendono operativa
la strategia delle imprese nei CDA dei nostri atenei, oppure scendere
in piazza insieme ai lavoratori che resistono ai continui tentativi
di “farci pagare la crisi”. Per noi la risposta è scontata. Il
progetto concreto di opposizione all’Europa neoliberista si
costruisce con chi lo subisce, non con chi lo determina.

Siamo scesi in piazza a Vienna e nelle
nostre città per far si che questa mobilitazione sancisca l’apertura
di un percorso di lotta unitario che spezzi le catene che
imbavagliano la conoscenza e ci legano ad un futuro fatto di
sfruttamento e precarietà.

Lottare per un’università che sia
pubblica, gratuita, libera e di massa non significa alzare un ditino
nei Consigli di Facoltà, né tantomeno limitarsi a chiedere una
riforma parziale del sistema formativo quale oggi si configura.
Significa invece dare fuoco al Processo di Bologna nel suo insieme, e
lasciare che bruci.


E brucera’…

 

RED
NET – Rete delle realtà studentesche autorganizzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Video di presentazione a cura delle Rete dei Collettivi Studenteschi Fiorentini

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