Il 15 giugno è stato il diciottesimo giorno della lotta dei minatori asturiani contro i tagli che il governo Rajoi ha deciso per il settore: una riduzione del 63% dei contributi statali al comparto minerario (si passerebbe da 300 a 110 milioni di euro). Si tratta di una misura che avrà una ripercussione immediata, di cui il governo spagnolo è chiaramente più che conscio: la perdita del lavoro per circa 8000 lavoratori, dal momento che senza il contributo statale le miniere non saranno piu’ competitive. E le Asturie, regione in cui si concentrano ben 40 miniere, saranno colpite piu’ delle altre aree del paese.
La risposta dei minatori poteva forse sembrare un costo inevitabile da pagare per chi ha progettato e sferrato l’attacco, ma probabilmente non si aspettavano le modalità che la protesta ha assunto da venti giorni a questa parte.
Cronaca della lotta
Il 23 maggio è iniziato uno sciopero dei minatori, supportato dalle due principali centrali sindacali spagnole, Comisiones Obreras e Union General de los Trabajadores (va però precisato che l’appoggio di questa lotta e’ l’eccezione, non la norma per questi due sindacati, quasi sempre fidi alleati di padroni e governo) ed i minatori hanno occupato anche la principale piazza di Oviedo (il piu’ grande centro cittadino nelle Asturie), seguendo la tattica utilizzata dal cosiddetto movimento degli “Indignados” proprio un anno fa. Ma le somiglianze con questo movimento non pare vadano molto oltre. Una linea di discontinuita’ e’ stata posta dagli stessi scioperanti che hanno esposto proprio in piazza uno striscione molto esplicito: “No Estamos Indignados, Estamos Hasta Los Cojones” (“Non siamo indignati, ci siamo rotti i coglioni”).
La lotta non rimane confinata alle sole zone minerarie. Si allarga alle città asturiane, dove il principale obiettivo è finora costituito dalle sedi del Partido Popular (PP), il partito di governo, per giungere fino alle porte del Ministero dell’Energia (quindicimila manifestanti caricati dalla polizia non sono rimasti inermi ma hanno risposto alla violenza) e fin dentro il Parlamento, dove alcuni minatori sono riusciti ad esporre magliette con la scritta “No al cierro de la mineria” (“No alla chiusura delle miniere”).
L’allargamento della lotta non è però solo spaziale. Per lunedì 18 giugno è stato proclamato uno sciopero generale nelle zone che saranno maggiormente colpite dai tagli governativi al settore minerario. E in quelle regioni ci sono già altri settori di classe lavoratrice in sciopero: insegnanti, lavoratori dei cantieri navali e dei trasporti (questi ultimi hanno scelto la stessa modalità di sciopero a tempo indeterminato, di cui parleremo a breve, adottata dai minatori). Si tratta di un’opportunità per saldare i rapporti che già esistono e per dare vita ad un ulteriore salto qualitativo.
Cosa significa sciopero ad oltranza?
Il dato di fatto probabilmente più interessante è che si tratta di uno sciopero ad oltranza (“huelga indefinida”). Le imprese minerarie semplicemente non sanno quando i lavoratori torneranno in miniera e, conseguentemente, non sono in grado di attrezzarsi ne’ di fare alcun calcolo preciso.
Per di più allo sciopero si accompagnano azioni quotidiane che creano al nemico di classe non pochi problemi. Una tattica utilizzata comunemente è quella del blocco stradale (Blocco stradale) e ferroviario. Ad oggi sono 16 le arterie stradali e due le tratte ferroviarie bloccate. Ma non solo. Per impedire alla polizia di ‘conquistare’ terreno (in effetti la polizia sembra agire come una vera e propria forza d’occupazione) hanno messo a punto altri stumenti: “Stiamo usando pezzi di tubi per direzionare ‘missili’ aerei (I minatori colpiscono la polizia dalle alture), fionde, macchine lanciapalle e persino un congegno fatto in casa per sparare patate”, secondo quanto affermato da Gerardo Cienfuegos, minatore trentanovenne (fonte BBC).
Va notato che la huelga indefinida è la stessa modalità utilizzata da studenti e docenti in Quebec (Canada), che ha permesso finora di arrestare i piani del governo canadese, ha portato alle dimissioni del ministro dell’istruzione, e che e’ stata piu’ romanticamente denominata “sciopero infinito”. Dai comunicati che abbiamo letto e dalle testimonianze che abbiamo ascoltato non pare ci sia un’emulazione cosciente. Si tratta certamente di situazioni differenti e la stessa parola sciopero può essere usata propriamente solo nel caso dei minatori asturiani. Ma il dato che emerge e’ la convinzione da parte di coloro che sono colpiti dalle misure “anti-crisi”, in primis i lavoratori, dell’inutilità della lotta rituale, dello sciopericchio, delle due o quattro o anche ventiquattrore di blocco della produzione. Lo sciopero dei minatori asturiani ci indica innanzitutto la possibile disponibilità al conflitto che in troppi considerano impossibile, tranne poi ricredersi non appena si assiste ad un’esplosione di rabbia, ad uno sciopero particolarmente duro o ad un riot.
I minatori possono vincere?
Non bisogna nascondersi alcune cose. I minatori possono esser stati portati a queste forme di lotta cosi’ radicali mossi dalla disperazione di chi è sul punto di perdere tutto. Oltre che da una tradizione di lotte che ha piu’ di cento anni di storia (dallo sciopero del 1934 a quello del 1962, sotto il regime franchista). L’intransigenza del governo non sembra lasciar presagire margini di mediazione. Ed in effetti, una delle conseguenze della crisi in atto e’ proprio la riduzione, se non l’annullamento, dei margini di mediazione e di redistribuzione delle risorse. Tutte quelle disponibili devono andare ai profitti. Ai lavoratori nemmeno piu’ le briciole. Il caso del settore minerario nello stato spagnolo puo’ essere considerato un ottimo esempio.
Ma il governo, per vincere questa battaglia e spezzare la resistenza che sta incontrando, fa i conti con alcuni fattori che spera si verificheranno. Non può però esserne sicuro. La prima speranza è quella di incrinare il fronte di lotta, magari recuperando pezzi di sindacato o addirittura le due principali centrali sindacali, storicamente dimostratesi assai avvezze ai compromessi, anche quando questi significano immensi sacrifici per i lavoratori che dovrebbero rappresentare. In secondo luogo, Rajoi e company credono che i minatori non siano attrezzati per una lotta di lunga durata e sperano quindi di prenderli “per fame”.
Ma, come scrive Richard Seymour sul The Guardian, “la posizione del governo è debole. La sua crisi è fatta già dal caos del sistema bancario spagnolo. […] In questo contesto, la battaglia con i minatori è combattuta su un terreno pericolante e puo’ facilmente sgretolarsi sotto i piedi. Questo è un fattore comune in tutt’Europa – la debolezza e le incertezze dei governanti – esposta al primo segno di una sfida reale.”
I minatori possono innescare con la loro lotta delle reazioni a catena, potenzialmente ben oltre il territorio dello stato spagnolo. Per questo sono temuti da una parte (quella di padroni e governi) e guardati con ammirazione ed interesse da un’altra (quella dei lavoratori e dei movimenti sociali). In Gran Bretagna i minatori, coinvolti nel 1984-85 in un ciclo di dure e purtroppo perdenti battaglie contro la chiusura di molte miniere decisa dal governo Thatcher, hanno creato un comitato di solidarietà e scritto lettere di appoggio ai compagni asturiani.
Ma il più grande aiuto che possiamo dare loro è paradossalmente imparare dalla loro lotta. Riflettere sui mezzi che stanno mettendo in campo, sullo sciopero ad oltranza e far avanzare la lotta sui nostri posti di lavoro, nelle nostre scuole ed università, nelle nostre città.
Foto: [1] [2 – blocco stradale] [3]
Video
I minatori colpiscono la polizia dalle alture
Blocco stradale
La Guardia Civil graba su operativo antidisturbios
Lettera di solidarietà dei minatory britannici che hanno lottato nel 1984-85
Lettera di solidarietè dalla GB