#TIROCINIOANCHENO: parte la campagna contro lo sfruttamento non retribuito


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Rimettendo un po’ in fila sia la “storia legale” sia le varie forme e configurazioni che ha assunto all’interno del mondo della formazione, a nostro avviso il tirocinio si caratterizza come uno strumento che incide negativamente sulle condizioni di lavoro non solo dei giovani neolaureati e degli studenti, bensì su quelle complessive di tutti i lavoratori.

Abbiamo visto che il valore formativo del tirocinio è nella stragrande maggioranza dei casi ridicolo.

Gli stagisti svolgono mansioni strutturali all’attività della azienda/ente di turno, che se non avesse a disposizione queste “scorte”, per mantenere lo stesso livello di produzione/erogazione di servizi, dovrebbe assumere! Non è un caso, poi, che tante aziende utilizzino esclusivamente stagisti per le mansioni dequalificate di bassa manovalanza ma, anche quando lo stage permette di apprendere competenze tecnico scientifiche, lo stagista è completamente ostaggio delle esigenze di mercato e di profitto delle grandi aziende, non percepisce retribuzione e non ha nessuna garanzia di futura assunzione.

È proprio questo il nodo centrale del problema: la funzione principale del tirocinio è quella di comprimere il costo del lavoro complessivo ad esclusivo vantaggio della quota di profitto delle imprese. Essendo il tirocinio formativo obbligatorio per legge, le imprese pubbliche e private possono attingere complessivamente ad un bacino di circa 1 milione e 700 mila studenti da mettere all’opera senza pagare un euro. Ciò non significa soltanto sostituire forza lavoro retribuita con quella gratuita per le mansioni dequalificate, ma sopratutto comprimere il salario e i diritti di tutti gli altri dipendenti, pagandoli sempre meno. Come tutte le forme contrattuali precarie, basate sul ricatto del licenziamento in virtù del ricambio continuo, anche il tirocinio innesca una competizione al ribasso tra i lavoratori spingendoli ad accettare condizioni di sfruttamento sempre più dure. Viene da se che quanto maggiore e la divisione tra i lavoratori (in termini di retribuzione, condizioni contrattuali, orari di lavoro, diritti e doveri), tanto minore sarà la loro capacità di organizzarsi collettivamente per ottenere condizioni migliori.

Se guardiamo al problema da questa prospettiva, anche la congrua indennità per i tirocini post-laurea e le limitazioni imposte dalla legge al numero di stagisti in rapporto al numero di lavoratori regolarmente assunti, finiscono per confermare quanto detto piuttosto che smentirlo. Infatti un sistema basato sul lavoro completamente gratuito sarebbe inaccettabile anche per uno schiavo dell’antichità (a cui il padrone garantiva comunque i mezzi di sussistenza). Al contrario, immettere sul mercato stagisti non retribuiti ha senso solo se innesca quel continuo ricambio e quella competizione che serve per abbassare i salari al minimo indispensabile ma senza eliminarli del tutto.

Che fare? Tirocinio facoltativo e retribuito.
Non vogliamo criticare l’approccio pratico alla materia di studio. Sappiamo bene che molti studenti vedono giustamente nel tirocinio la possibilità di applicare ciò che hanno imparato sui libri. É sacrosanta per noi studenti la possibilità di accedere alle strutture e alle conoscenza tecniche ma non al prezzo dello sfruttamento selvaggio. Per noi la formazione professionale, necessaria affinchè ogni lavoro sia emancipante, si trova nell’esperienza vissuta e collettiva, nella liberazione del lavoro dal profitto privato! A nostro avviso è necessario partire da una forte critica dell’istituto del tirocinio così com’è all’interno dell’attuale sistema di sfruttamento, e di ogni forma lavorativa che non garantisca una vita dignitosa ad ogni individuo, scaraventandolo nella precarietà materiale ed esistenziale.

Fin da subito vogliamo proporre due rivendicazioni fondamentali:

– L’abolizione dell’obbligatorietà del tirocinio curriculare, che rappresenta un’ “occasione imperdibile”,come spesso è stato definito, solo per le aziende;

– L’equiparazione del tirocinio a una prestazione lavorativa e quindi la conseguente retribuzione che spetta al lavoratore. In particolare nelle facoltà scientifiche dove, nonostante tutto, il tirocinio è necessariamente formativo (come Infermieristica etc…).

Per raggiungere questi obbiettivi e necessaria una forte mobilitazione di massa che riesca ad imporre le nostre ragioni alle imprese ed alle istituzioni statali ed accademiche, avallando pienamente le esigenze private si rendono complici di questo strumento di sfruttamento. In quanto studenti e futuri lavoratori, dobbiamo creare non solo un movimento interno alle lotte studentesche contro l’università-azienda, per il diritto allo studio e per liberare il sapere dalle catene del profitto, ma che sappia legarsi al complesso delle lotte sociali dentro e fuori i posti di lavoro, per una società non più basata sullo sfruttamento e sulla precarietà.

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