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Sulla guerra in Libia: due contributi di Gian Paolo Calchi Novati

“Prima o poi i popoli, soprattutto i gruppi o ceti inquieti e irrequieti, si convinceranno che le soluzioni giuste vengono più dal basso che dall’alto.”

Il crollo del regime libico: un incentivo o un deterrente?

Se fra i motivi che hanno spinto i militari egiziani a collaborare alla rimozione di Moubarak c’era l’intento di restituire l’Egitto al suo ruolo naturale di centro del mondo arabo e del Medio Oriente, non è detto che i fatti libici siano coerenti con quell’obiettivo. Il governo del Cairo ha sicuramente sostenuto gli insorti anti- Gheddafi, soprattutto quando pareva che la crisi dovesse sfociare in un scissione fra Cirenaica e Tripolitania, ma si è sempre attenuto alla regola aurea del “profilo basso”, anche rispetto ad altri paesi arabi: si pensi, in particolare, all’esposizione del Qatar, che ha brandito Al Jazeera come un’arma impropria prima di dare un contributo rilevante, anche sul piano militare, alla coalizione guidata da Francia e Inghilterra.

Da una parte l’Egitto voleva dar prova di credere nella “libertà”, dall’altra non voleva compromettersi troppo con un’operazione che per molti versi ricordava in modo imbarazzante la guerra di Suez del 1956. Tutto può augurarsi l’Egitto fuorché la formazione al di là del suo confine occidentale di uno stato “sotto tutela”, magari con il corollario di quelle basi militari che Nasser elevò a principale capo d’accusa contro re Idris e che Gheddafi chiuse nel 1970 poche settimane prima della morte dello stesso Nasser.

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No alle guerre del capitale, Solidarietà Internazionale !

SABATO 2 APRILE SAREMO IN PIAZZA!

ORE 16.30 PIAZZA DELLA REPUBBLICA
MANIFESTAZIONE PER LE VIE DI FIRENZE

Come in un film già visto siamo, purtroppo, nuovamente a parlare di guerra. Di missili e bombe che vengono scaricati dalle navi e dagli aerei di Usa, Francia, Gran Bretagna, Italia; di cacciabombardieri che partono dalle basi italiane sotto comando NATO. E come in un film già visto l’hanno chiamata ancora “guerra umanitaria”. L’ennesima guerra votata dall’ONU, così spesso e così ipocritamente invocato dai pacifisti con l’elmetto, che prima ne chiedevano l’intervento ed oggi si dicono contro la guerra. Questa ennesima guerra si è svelata subito ed apertamente per quello che è: una guerra per il controllo e per la gestione dei tumultuosi cambiamenti in corso nel mediterraneo in cui le potenze occidentali fanno a gara a inserirsi, per la spartizione delle risorse energetiche.

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Costruiamo l’opposizione alla nuova “guerra umanitaria”!

Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e coscienziosi? Cosa facevano gli insegnanti universitari di geografia, di storia, di letterature straniere, di diritto internazionale, di cose orientali? Credettero anch’essi alle frottole dei giornali? E se non ci credettero, perché lasciarono che il Paese fosse ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto indifferente per la loro olimpica serenità? La risposta a queste domande non potrà essere molto lusinghiera per la nostra generazione.

(Gaetano Salvemini, 1914. A proposito della guerra libica del 1911-1912)

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L’intervento umanitario è guerra imperialista!

MARTEDI’ 22 MARZO ORE 18 >>

SOTTO LA PREFETTURA IN VIA CAVOUR

PRESIDIO CONTRO LA GUERRA IN LIBIA

Da tempo si poteva intuire, e negli ultimi giorni è diventato chiaro: nel tardo pomeriggio di sabato 19 marzo, con il primo attacco aereo, la guerra contro la Libia è iniziata ufficialmente.

Quello che ci si presenta davanti è uno scenario che conosciamo bene. A chi negli anni si è opposto alle guerre che hanno insanguinato il pianeta, è chiaro che quella delle guerre umanitarie è solo retorica. La strategia degli attacchi mirati e delle bombe intelligenti in nome della salvaguardia dei diritti umani, altro non è che un modo per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica la difesa di interessi economici e geopolitici.

Gli stessi interessi che hanno fatto cadere un silenzio assordante sulle vicende di Egitto e Tunisia quando è entrata in scena la Libia.

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