LUNEDI‘ 20 DICMBRE ASSEMBLEA PUBBLICA STUDENTESCA ORE 16.30 FACOLTA DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
MERCOLEDI 22 IN OCCASIONE DEL PASSAGGIO IN SENATO DELLA RIFORMA GELMINI, CORTEO STUDENTESCO, ORE 16.30, PIAZZA SAN MARCO
Nell’accendere la televisione in questi giorni è tutto un annaspare di voci acidule, ambigue che ripassano il copione del giudizio sui fatti del 14 dicembre. I destroidi urlano per più repressione, definiscono gli studenti idioti, criminali, si indignano con i magistrati per il rilascio di 22 manifestanti arrestati durante gli scontri. La sinistra istituzionale, invece, finge di interrogarsi e di comprendere i perchè di tanta rabbia e di tanta determinazione, ma alla fine dietro le parole prevale il giudizio di Saviano, quello che isola la violenza, ne fa un male assoluto, tranne quando è esercitata dalle istituzioni, che ne possiedono il “legittimo monopolio”.
Tutti insieme sventolano lo spettro degli anni 70, anche qui slegando il conflitto sociale, spesso violento, dalle conquiste sociali e politiche ottenute dalla classe lavoratrice.
Quello che non capiscono, che non possono capire, è l’evoluzione del carattere di questo movimento studentesco, che si è politicizzato “per esclusione” in questi due anni. C’era, nel 2008, una fiducia enorme nella giustizia delle proprie rivendicazioni e dunque nel fatto che bastasse essere ascoltati dalle istituzioni, appoggiati dai professori e dalla società civile per ottenere il ritiro dei tagli. Il movimento ne è uscito massacrato, ma non sconfitto. Si è sviluppata un’autocritica che ha rivitalizzato le organizzazioni studentesche e creato le premesse per una mobilitazione più incisiva e determinata. Quando, sull’onda delle vicende europee, nell’ottobre di quest’anno ci siamo ripresi la parola, la diffidenza nei confronti delle false promesse dei rappresentanti della classe docente è stata immediata, come immediato è stato il rifiuto di false interlocuzioni con quei partiti, di destra e della cosiddetta sinistra, che hanno contribuito a distruggere l’università. Il problema principale che noi studenti ci siamo posti non è stato tanto quello di autorappresentarsi, di rendersi visibili nei confronti del resto della società, quanto quello di incidere, di ferire il governo e di bloccare la riforma. Blocco della didattica, blocco della città sono state le parole d’ordine che hanno attraversato più bocche e più striscioni, parole che ritroviamo anche sui muri delle nostre facoltà.
Nel momento in cui si è trattato di incassare la fiducia al governo Berlusconi, di incassare, cioè, l’approvazione della riforma universitaria, la sensazione di dover contare sulle sole nostre forze ha finalmente prevalso e si è fatta esplosione di piazza, si è fatta scontro, attacco diretto contro la polizia che proteggeva il palazzo del potere. Non si può assolutizzare la violenza nè in senso negativo, come purtroppo in tanti hanno fatto e faranno, nè in senso positivo. Il ricorso a questa violenza è stata una risposta netta alla violenza di Stato e padroni, alla violenza di chi ci vorrebbe selezionare, infarcire di cultura d’impresa, escludere dall’istruzione superiore, rendere più flessibili per i profitti propri e altrui. È, in poche parole, un piccolo contrattacco in quella immensa lotta di classe che vede noi studenti, noi lavoratori, supini al tappeto da decenni.
La parola d’ordine deve restare MOBILITAZIONE, per continuare a mettere il bastone tra le ruote di coloro che rubano il nostro futuro. Deve anche essere ORGANIZZAZIONE, perchè abbiamo bisogno delle strutture necessarie per boicottare la riforma nella sua applicazione amministrativa, per costringere gli enti erogatori di borse di studio a chiedere più soldi a governo e regioni, per coordinarci a livello nazionale ed europeo, per rispondere colpo su colpo alla stretta repressiva che già si avvinghia intorno alle nostre lotte e sopratutto per creare una sintesi politica con i lavoratori e con gli immigrati, gli unici alleati sui quali possiamo contare.
Nel frattempo, la lotta continua…