LONDON CALLING… ROME BURNS!


DUE PAROLE SUL 14 DICEMBRE A ROMA

Il 14 dicembre è stata una giornata storica. Dopo anni di passività e rassegnazione, migliaia di giovani hanno deciso di riprendere in mano il loro futuro e sono scesi in piazza per sfiduciare questo e tutti i governi che negli anni hanno contribuito alla sottrazione sistematica dei diritti sociali.

Scendere in piazza quel giorno era, per noi studenti, una scelta obbligata. Non inserire la lotta al ddl Gelmini in un quadro più ampio avrebbe, infatti, portato il movimento a compiere gli stessi errori fatti durante l’Onda del 2008 in quanto solo l’ampliamento dello spettro di azione, trascendendo dal singolo atto legislativo, può portare ad un reale cambiamento.

Alla manifestazione c’erano più di 100.000 persone e, per quanto politici e sedicenti intellettuali (la lettera di Saviano è esemplificativa) abbiano condannato fermamente gli scontri di Roma riducendoli all’azione di provocatori, infiltrati e teppisti, noi sappiamo che la realtà è molto diversa. Eravamo in quella piazza. Eravamo dietro quegli scudi. Eravamo con il casco in testa a pretendere un futuro che ci stanno togliendo giorno dopo giorno. E ricordiamo benissimo che, ogni volta che in tantissimi siamo tornati alla carica in via del Corso e ogni volta che le camionette sono arretrate, tutta Piazza del Popolo ha applaudito. Applaudiva chi non era in prima fila, chi era sul Pincio a guardare, chi era arrampicato sull’obelisco: ognuno sentiva come suo quel momento.

Non siamo “esperti della rivolta” o “ultras del caos” come hanno voluto definirci, ma nemmeno sprovveduti ragazzini nelle mani di cattivi maestri. Siamo semplicemente le migliaia di precari che lavorano in ristoranti e call center per quattro spiccioli, gli operai in cassa integrazione, gli studenti che pagano sempre più tasse ed hanno sempre minor accesso al diritto allo studio, i laureati senza un lavoro obbligati a mesi di tirocini totalmente gratuiti presentatici come opportunità di formazione e che sono solo un’altra forma di sfruttamento. Se però tutte queste figure vogliono essere racchiuse dalla sigla black-block, ebbene si, eravamo tutti black-block.

Hanno fatto passare gli scontri come uno sfogo di violenza ingiustificata, ma non è così. La rabbia derivava dalla constatazione che, nonostante proteste e mobilitazioni, le nostre richieste continuavano ad essere ignorate e che la piazza, unica vera realtà rappresentativa delle nostre necessità, veniva militarizzata, rinchiusa, repressa.

Durante la giornata molti sono stati i fermi e gli arresti e, ad oggi, 22 degli arrestati sono a piede libero ed uno è agli arresti domiciliari. Benché la legittimità degli arresti sia stata confermata e le udienze siano state fissate per il mese di febbraio Maroni ha dichiarato di non condividere questa decisione. Il ministro ha, infatti, dichiarato che avrebbero dovuto rimanere in stato di fermo fino alla fine della discussione sul ddl 1905 per impedire la reiterazione del reato. Ricordiamo a Maroni e agli altri che nelle settimane precedenti al 14 dicembre in tutta Italia si è assistito ad una mobilitazione radicale e diffusa e che, a fronte di 23 compagni arrestati, fuori ne sarebbero comunque rimasti migliaia che non hanno esaurito le loro energie e la loro rabbia a Piazza del Popolo.

Abbiamo smesso di essere spettatori, pretendiamo di essere protagonisti!

Questo è solo l’inizio!

I diritti non si meritano, si conquistano!

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