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La memoria storica sull’origine della Giornata internazionale delle donne è confusa. Alcuni sostengono che sia stata istituita per ricordare l’incendio del 1908 nella fabbrica “Cotton” di New York nel quale morirono 129 operaie. Altri rimandano la sua origine alla Conferenza internazionale delle donne socialiste del 1907 e alla loro lotta per il suffragio femminile. Lotta che, nel 1910 alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, porta alla proposta di istituzione della Giornata internazionale della donna. E’, infine, nel giugno del 1921 che per rintracciare una data unica in tutti i Paesi la seconda Conferenza internazionale delle donne comuniste stabilisce la data dell’otto marzo come Giornata internazionale dell’operaia. Oggi altro che di operaie si parla … l’otto marzo è diventata una mera ricorrenza, dove si regala la mimosa e si va fuori a cena. Tutto questo in perfetta sintonia con il ruolo di subalternità della donna voluto dalla società capitalista che lo crea e lo perpetua.
No, grazie. Né vogliamo questo, né ridurci semplicemente ad enumerare quello che è stato fatto. L’otto marzo deve proporsi, invece, come una giornata di lotta, nella quale difendere ciò che abbiamo conquistato e dobbiamo conquistare ancora.
La questione di genere esemplifica in modo chiaro e netto la contraddizione di base della società in cui viviamo: c’è chi detiene i mezzi di produzione e la ricchezza e chi lavora. La donna oltre a subire questa contraddizione (cassaintegrazione, precariato e sfruttamento di fatto colpiscono a prescindere dal genere), è tradizionalmente relegata fra le mura domestiche del patriarcato e questo tipo di lavoro si distingue dal “lavoro classico” proprio per la sua fruizione immediata, privo dunque del valore di scambio. Allora si è mirato (per esempio attraverso l’istruzione come mezzo di emancipazione) ad emulare il modello maschile, dell’uomo di successo, senza riuscire a comprendere che è necessario cambiare le stesse basi sociali ed economiche di questa società per cambiare i rapporti di genere.
I governi che si succedono, fedeli alla visione capitalista, ci propinano i Pacchetti sicurezza, (ricordiamo il decreto Maroni del 2009!) per la sicurezza delle donne dicono loro, ma in realtà volti a fare della violenza di genere una questione razziale etichettando il migrante come violentatore; e ancora l’eliminazione della prostituzione (decreto Carfagna, 2008) perché fenomeno sociale degradante, ma solo se si vede perché, poi, di fatto, così facendo si ripropongono le famigerate case chiuse (abolite già con la Legge Merlin nel 1958!). Questi i provvedimenti governativi che vorrebbero scardinare la sottomissione della donna ce la offrono quindi o velina o ministra dal volto umano che si commuove quando vessa i lavoratori …
A dispetto di chi vuole la donna come oggetto, succube, solo madre apprensiva e moglie perfetta, le donne sono state e sono partigiane, studentesse, lavoratrici e compagne di lotta.
Collettivo Politico * Scienze Politiche