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COMPLICI E SOLIDALI CON LA LOTTA NO TAV! LIBERI TUTTI SUBITO!

no-tav-giornata-di-arresti-immediate-le-reazi-L-9WkgsuVenerdì notte in Val di Susa abbiamo assistito all’ennesima offensiva statale contro il fronte di resistenza popolare che da tempo lotta contro il progetto Tav. La presenza di due Pm all’interno del cantiere ha corroborato l’azione delle forze di polizia che ha dato vita ad una vera e propria caccia all’uomo nel bosco, sparando lacrimogeni ad altezza uomo e stringendo in una morsa i compagni e le compagne che stavano attaccando la rete.  La brutalità e la violenza utilizzata dalle forze dell’ordine nel contrastare la presenza degli attivisti No Tav presso il cantiere militarizzato non è certo una novità.

Da troppo tempo Stato e grandi capitali tentano di imporre in Val Susa il proprio interesse a scapito dell’intera popolazione e del territorio a suon di manganelli e appalti mafiosi, a favore di un’opera che ormai ha ben pochi sostenitori! La gestione repressiva della valle si inserisce pienamente nel quadro della “emergenza crisi”, o meglio, all’interno della retorica emergenziale con cui il governo  cerca di  giustificare come legittimo per tutti un interesse particolare e di pochi. La ricetta del nuovo governo è la stessa di quello precedente: repressione brutale di ogni forma di dissenso o pratica conflittuale, correlata da montagne di denunce e/o provvedimenti restrittivi.

Lo scopo è fermare ogni possibile forma di aggregazione e organizzazione antagonista all’attuale sistema sociale ed economico:  tutti coloro che rivendicano un’incompatibilità con questo sistema di sfruttamento nei posti di lavoro, che rivendicano il diritto ad occupare una casa e che lottano contro un futuro di disoccupazione e precarietà vengono definiti criminali, picchiati, incarcerati.

La notizia degli arresti e dei feriti giunge proprio il giorno in cui, 12 anni fa, Carlo Giuliani veniva assassinato, durante quel G8 in cui riecheggiano i nomi della Diaz, di Bolzaneto. Dopo le condanne di alcuni manifestanti utilizzati come capri espiatori mediatici, mentre i capi e i subordinati delle forze di polizia venivano promossi per il loro lavoro di repressione e tortura ormai sappiamo che questa legalità ha due pesi e due misure è che è ben diversa dalla giustizia. Quelle definite dai più “le giornate nere della repubblica” sono diventate anni: è ora di abbandonare ogni illusione e di rompere ogni indugio. Quando l’ingiustizia diventa legge la resistenza diventa un dovere: questo facevano i nostri compagni in valle e questo continueremo a fare  fino a quando non sovvertiremo l’esistente.

Non possiamo che essere complici e solidali con tutti i compagni e tutte le compagne colpevoli di aver resistito allo Stato: a tutti coloro che si trovano in carcere va il nostro pensiero.

LIBER* TUTT*: SUBITO! A SARA’ DURA!

                                                                                    Collettivo Politico Scienze Politiche –Firenze

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SOLIDARIETA’ ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI DI ZAM. STAY ZAM!

stey-zam-verde_bianco-01La mattina del 22 maggio una gran quantità di poliziotti, accompagnati da una ruspa, ha restituito alla speculazione Zam, centro sociale milanese nel quartiere Barona occupato da due anni.
Ostinata è stata la reazione dei compagni e delle compagne, che hanno ostacolato per oltre 3 ore lo sgombero di uno spazio divenuto un centro di aggregazione e costruzione di dissenso nel quartiere.
Ancora una volta si è deciso di cancellare uno spazio sociale, ancora una volta le istituzioni si sono piegate alla speculazione. Meglio tenere gli spazi vuoti, che farli vivere secondo logiche esterne e contrarie al mercato. Se la mattina era stato assordante il silenzio dell’arancione Pisapia, l’”amico dei movimenti”, ieri sera quel silenzio si è trasformato nel rumore dei manganelli che spaccavano le teste dei compagni e delle compagne che in corteo hanno raggiunto Palazzo Marino per parlare con l’eroe della Rivoluzione arancione. Ma Pisapia, colpito da un’improvvisa afasia, non si è fatto vivo.
Noi che siamo abituati a valutare le azioni e non le chiacchere, denunciamo la continuità con la politica securitaria e repressiva tra la vecchia amministrazione Moratti e l’attuale.
Noi ancora una volta ci schieriamo in difesa degli spazi sociali e di tutti i militanti che faticano ogni giorno per farli vivere.

Solidarietà ai compagni e alle compagne di Zam!
Contro ogni sgombero, cento occupazioni!

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giovedì 9 maggio, h 19: le mani sporche dell’europa

902532_526678690711985_282625330_o11 Maggio 2013 Assemblea – Le Mani Sporche dell’Europa
Le Rivolte arabe, la guerra in Libia e il successivo intervento in Mali hanno violentemente rimesso al centro del dibattito il mediterraneo e il ruolo che l’europa imperialista riveste nelle politiche di rapina, di guerra, di ingerenza politica ed economica nell’area. Un ruolo che i compagn* dei paesi del nord africa non esitano a definire una nuova colonizzazione. Le politiche di penetrazione verso questi paesi, le conseguenti violente ristrutturazioni economico/finanziarie, le privatizzazioni con la conseguente svendita dei settori strategici, la disoccupazione di massa, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, sono le basi sulle quali si sono costruite e sviluppate le cosiddette “primavere arabe”. “Primavere” che però ad oggi devono fare i conti con governi che rappresentano chiaramente gli interessi della borghesia internazionale come prodotto in chiave reazionaria delle rivolte stesse e un esempio di come i fascismi, nelle varie forme in cui si possono presentare (vedi governi islamici), siano un’ipotesi credibile per il capitale nell’attuale fase di crisi. Nello stesso tempo sono emerse sempre più chiaramente le relazioni che intercorrono tra lo sfruttamento della massa di proletari provenienti da questi paesi all’interno dell’europa del capitale e lo sfruttamento che la stessa riversa nei paesi del mediterraneo. Siamo all’interno di una stessa periferia, anche se nel centro dell’imperialismo, e ciò ci lega indissolubilmente verso una prospettiva comune. Periferia nel centro dell’imperialismo in quanto lo sviluppo diseguale, la politica di rapina che si nasconde dietro le”politiche di austerity” dettate dalle borghesie europee dominanti nei confronti di tutti i paesi dell’europa mediterranea, sono caratteristiche proprie delle relazioni che intercorrono tra il centro e la periferia stessa. Una prospettiva che rompe la logica assistenzialista che ha caratterizzato in questi anni la con lo spaccato di proletariato costretto a spostarsi dai paesi del nord africa e quelli europei, che ci pone su un livello paritetico nella individuazione di terreni di lotta comune. E’ da questa lettura della realtà che ci troviamo davanti, per quanto poco approfondita possa essere, che nasce la volontà di creare un momento di confronto che porti a fare un passaggio ulteriore sia nella comprensione del ruolo dell’europa (Ue), sia nella ricerca dei terreni sui quali misurarci in futuro sulle due sponde del mediterraneo. Abbiamo individuato nella data dell’11 Maggio 2013 un momento per iniziare questo lavoro, in coincidenza con la presenza a Firenze dei vari protagonisti delle politiche nefaste della Ue, da Barroso a Monti, e tutta la loro cricca di lacchè. E’ stata garantita la presenza di compag* di organizzazioni del Marocco, Tunisia, Egitto. La proposta è una assemblea che dovrebbe strutturarsi in due momenti. Una prima parte di analisi sul ruolo dell’Europa nel mediterraneo, le sue politiche di espansione e dominio, attraverso alcuni interventi, oltre ai contributi dei compagni del nord africa. Una seconda parte dove affrontare le possibili “campagne” da portare avanti insieme sulle due sponde e con quali modalità costruirle. Ad oggi i temi da noi individuati attorno ai quali si possono sviluppare queste campagne sono logistica, call center, centri di detenzione. Vorremmo che questa assemblea rappresentasse realmente un momento in cui si possano definire le modalità concrete per portare avanti questo lavoro. L’orario ipotizzato è dalle 10.30/11.00 per terminare nel primo pomeriggio intorno alle 16.30. L’iniziativa si svolgerà al Centro Popolare Autogestito FI-SUD – Via Villamagna 27a Firenze. Chiaramente ci sarà il pranzo e per chi vuole dormire a Firenze non ci sono problemi in particolare se comunicato per tempo.

Per Info e adesioni: colpol@inventati.org

Cpa Firenze Sud – Centro Sociale Camillo Cienfuegos, Collettivo Politico Scienza Politiche

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FIRENZE ANTIFASCISTA SULLA PIAZZA DEL 25 APRIL

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Ieri in S.Spirito Firenze Antifascista ha organizzata la tradizionale piazza in occasione del 25 aprile.
Dalle ore 15.30 un continuo passaggio di persone che si sono fermate al bar, ai banchini informativi e hanno atteso i primi interventi e l’inizio del corteo. Gli interventi sono stati aperti del Partigiano “Sugo” che ha poi ceduto la parola agli studenti dei collettivi medi e universitari.
Alle 17.00 il saluto a Potente, la deposizione della corona e la partenza del corteo. Centinaia e centinaia di persone – poco ci interessa entrare nella guerra dei numeri con giornalisti e Questura, il video e le foto che seguono parlano da sole – che hanno invaso le strade di S.Frediano fino a piazza Tasso e poi per via del Leone dove il corteo ha sostato sotto la nuova occupazione e ha applaudito all’intervento dal megafono di uno degli occupanti. Infine il corteo ha fatto ritorno in S.Spirito.
A quel punto, davanti ad una piazza stracolma a prendere la parola sono stati, prima Spazi Liberati (a questo link il loro intervento http://www.youtube.com/watch?v=7etVGRFshs4) e subito dopo i lavoratori.
Uno dopo l’altro si sono alternati al microfono un operaio della Pirelli, poi un’operaia della Renault, un delegato COBAS della Ginori, un lavoratore ATAF che ha parlato a nome della confederazione COBAS, un operaio della Ex-Electrolux, una lavoratrice CUB della Sanità ed infine Riccardo Antonini, lavoratore delle Ferrovie, licenziato dall’azienda per il suo impegno per la sicurezza sul lavoro e il suo protagonismo al fianco dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.

Chiusi gli interventi è salito sul palco il Menestrello che accompagnato da altri tre ottimi musicisti ha presentato il disco inciso in collaborazione con Firenze Antifascista con alcune delle canzoni che la Brigata Sinigaglia cantò entrando a Firenze per liberarla.
Durante l’inizio del concerto un altro intervento ha rilanciato la manifestazione organizzata per il 4 maggio da diverse realtà del territorio: una piazza contro la repressione, in solidarietà con tutti i compagni e le compagne colpiti da denunce, processi e arresti per il loro impegno politico. L’accento è stato messo in particolare sul processo contro il Movimento Fiorentino, un’inchiesta costruita sull’applicazione del reato di associazione a delinquere alle lotte politiche e sociali e che prenderà il via proprio in quei giorni.

Durante la sua esibizione il Menestrello ha lasciato spazio ancora una volta a Sugo e alla lettura del saluto che Teresa Mattei, partigiana “Chicchi”, inviò alla piazza di Firenze Antifascista di qualche anno fa.
Mentre si allestiva il palco in attesa dell’inizio del concerto dei Dirty Old Band, gli ultimi due interventi della giornata: il saluto di un compagno greco che ha rilanciato alla Solidarietà Internazionale Antifascista e l’intervento di compagno che ha fatto il quadro sull’attuale situazione in Venezuela e i tentativi di destabilizzazione da parte della destra, appoggiati dagli USA e dai paramilitari, dopo la vittoria di Maduro all’ultima tornata elettorale.
A chiudere la serata la Malasurte fi-sud: il solito bagno di folla e l’ottimo epilogo di una giornata fantastica, in cui tutti coloro che hanno collaborato hanno dato l’esempio pratico di cosa voglia dire festeggiare una giornata come quella del 25 aprile fuori da una logica esclusivamente commemorativa, ma coscienti di essere i protagonisti delle lotte di oggi portatrici degli stessi valori che animarono la spinta di chi 70 anni fa scelse di non piegarsi al fascismo e scelse la clandestinità, a rischio della propria vita, per la libertà e la costruzione di una società di eguali.

 

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Il video del corteo…200 secondo i giornali…
http://www.youtube.com/watch?v=JcRGDGUQKkI&feature=youtu.be

Alcune foto della giornata:

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SULLA LECTIO MAGISTRALIS DI MARINO REGINI: TE LO SPIEGHIAMO NOI COSA VUOL DIRE ESSERE STUDENTI IN QUESTA CRISI.

image79Alla conferenza in aula magna del 9 aprile 2013, è stato fatto gran sfoggio di numeri e cifre, schemi e tabelle. La lezione cui abbiamo assistito, presenziata dal Rettore Tesi e guidata da Franca Alacevic, ex presidente di Scienze Politiche, Cecilia Corsi nuova presidente della Scuola di Scienze Politiche, il professor Gilberti di Bologna e il famoso Marino Regini, avrebbe dovuto chiarirci le idee riguardo i recenti cambiamenti strutturali del nostro ateneo e dell’università in generale, il tutto  in un’ ottica comparata con gli altri istituti europei. Entriamo più nel dettaglio.

 L’iniziativa si è subito aperta con un preambolo dei nostri accademici fiorentini: da un lato le scuse e le giustificazioni per aver tentato di fare del proprio meglio “nonostante la mancanza i fondi e gli sconvolgimenti attuati dalla riforma”, dall’altro un retorico trionfalismo in cui si tenta di dare dignità al nuovo nome della facoltà, “scuola”, in onore della fondazione della “Scuola Cesare Alfieri” più di cento anni or sono. Forse converrebbe che scegliessero attentamente a che emozione abbandonarsi e da che parte stare: ma si sa, la regione toscana è una virtuosa e per ora a tutto c’è rimedio, anche al taglio del fondo di finanziamento ordinario, e probabilmente il tempo delle domande e delle risposte può essere rimandato. Segue una breve rappresentazione grafica da cui emerge la consistente diminuzione del personale docente e di ricerca, presentata come un dato astratto senza base reale, mentre non è altro che la diretta conseguenza della riorganizzazione del sistema universitario, il che equivale appunto a riduzione dell’offerta formativa (corsi triennali di scienze politiche passati dal 2005 al 2013 da 8 a 2, quelli magistrali per lo stesso periodo da 9 a 5), tagli del personale e disservizio.

 Dopo questa breve presentazione ecco l’intervento del prof. Gilberti dell’università di Bologna, il cui momento culminante  probabilmente è il passo in cui definisce noi studenti un output da immettere al più presto nel mercato del lavoro. Peccato che si parli sempre di lavoro senza specificare che tipo di lavoro, quando ci troviamo in un quadro di crisi fatto di smantellamento dei diritti, tagli ai servizi, precariato e disoccupazione, come se non bastasse lo sfruttamento quotidiano che accompagna questo sistema. Senza contare che potersi sfamare non dovrebbe implicare  l’asservimento allo sfruttamento.

 Il piatto forte della mattinata costituisce naturalmente l’intervento dell’esimio Marino Regini, professore ordinario alla Statale di Milano, autore di alcuni libri sullo studio comparato delle tendenze europee del sistema d’istruzione. Apre subito con un’ analisi in tre fasi dello sviluppo del comparto formativo la cui esemplificazione forse a noi più nota è il famoso Processo di Bologna, che ha decretato la definitiva parcellizzazione e conseguente mercificazione del sapere, introducendo il 3+2+n (triennale, magistrale e master) quale standard competitivo per i giovani europei. La prima fase costituisce la cosiddetta università di massa degli anni ’60 che, secondo le sue testuali parole, “ha gravato sulle spalle dello stato”, inserendo di fatto quello che dovrebbe essere un diritto, ovvero l’istruzione, tra quella serie di servizi che seppur fondamentali, hanno la colpa di essere costosi, contribuendo di fatto alla crisi fiscale dello stato. Come dire che “tolti i i pensionati, gli immigrati, i lavoratori, gli studenti e i malati”  non avremmo più il debito pubblico: questo non fa altro che avallare la retorica dell’ “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, il che vuole semplicemente dire che abbiamo osato pretendere i nostri diritti. I malati si sono ammalati troppo spesso, i vecchi sono morti dopo troppe retribuzioni pensionistiche, i lavoratori hanno preteso troppe tutele, gli studenti hanno osato studiare, gli immigrati hanno osato cambiare paese, i padroni hanno fatto i padroni: ma quest’ultima cosa non è un problema, a quanto pare. La seconda fase è quella da lui definita “l’economia della conoscenza” e probabilmente costituisce il periodo, indicativamente gli anni 80-90 fino a metà del 2000, in cui si sono definiti ancora di più i termini di una cultura dedita all’ utile, produttiva, dequalificata. La terza è la sopracitata crisi fiscale dello stato, come giustificazione per la Gelmini-Tremonti tanto quanto la recente riforma Profumo, parte integrante dell’agenda Monti, così come per tutto lo smantellamento di una serie di servizi pubblici della sanità, dell’istruzione, della previdenza sociale ecc ecc. inoltre, come se fosse possibile ridurre la questione del  debito ad un mero problema di disavanzo pubblico.

Il passo successivo affrontato da Marino è stata la schematizzazione dei valori “base” alla guida delle tendenze di riforma del sistema formativo: una maggiore autonomia istituzionale che non può che comportare maggiore influenza del mercato laddove il pubblico cede terreno (se si può ancora auspicare una differenza tra essi); la competizione, da sempre elogiata perché premia i meritevoli, mentre in realtà non è nient’altro che una gara dall’esito scontato, quando a essere in competizione non sono le capacità ma le “differenze” sociali ed economiche, attuando di fatto una selezione di classe; e la valutazione, strettamente connessa alla retorica del merito e dell’eccellenza.

Il passaggio successivo affrontato è stata una serie di comparazioni  dei sistemi universitari  europei tra quelli con il rettore eletto (da Cda o Senato accademico) o nominato da terzi, come nella maggior parte dei casi; tra quelli caratterizzati da un elevato grado di bipolarismo dei due organi di ateneo (l’Italia è annoverata tra questi) e altri con una minore bipartizione decisionale. L’Italia viene anche definita come l’esempio del “tradizionale” modello continentale di “autonomia senza responsabilità”, perifrasi che sta a indicare lo sviluppo di poteri paralleli a quello statale nel cui orizzonte concettuale Marino fa rientrare il cosiddetto baronato, l’oligarchia accademica. Forse si dimentica di puntualizzare che i rapporti di potere all’interno dell’università non fanno altro che riprodurre i rapporti di potere economico, politico e culturale della società, e che questa tirannia è facilitata dalla sempre più ingerente presenza dei privati e degli interessi aziendali nelle nostre università (ricordiamo l’ingresso trionfale a gennaio di due rappresentanti di Confindustria nel Cda fiorentino, in occasione dell’elezione dei tre membri esterni come da riforma Gelmini, dove 8 studenti che contestavano sono stati denunciati).

Marino prosegue poi il monologo lanciandosi in una teorizzazione del sistema universitario inteso come duplice: caratterizzato quindi dalla “vocational track” e dalla “academic track”. Questa differenziazione, resta un mero tecnicismo, perché alla fine entrambe le piste finiscono per sopperire alla necessità di profitto delle aziende, bisognose tanto di ricerca e di sviluppo tecnologico quanto di manodopera e capitale umano. Il nostro relatore milanese arriva infine ad auspicare come conseguenza di questo “sistema diversificato”  un ampio orizzonte dalle più svariate possibilità, dimenticando forse, che per chi non ha i soldi, non esiste alcuna possibilità. Non contento, arriva addirittura a parlare di due tipi di differenziazione: una auspicabile tra i vari dipartimenti all’interno della stessa università, conseguita investendo maggiormente in quello più virtuoso in nome di un’ agognata concorrenza internazionale; l’altra, meno nuova, tra atenei di serie A  e serie B. Quest’ultima, unita al calo di finanziamento per il sistema formativo pubblico a favore di quello privato, è stata ripresa pochi mesi fa dalla dibattuta legge sull’abolizione del valore legale del titolo di studio (riproposta anche dal programma elettorale del Movimento 5 stelle). Se approvata, finirebbe per emulare gli effetti di una manovra già tentata durante gli anni ’60. Allora, infatti la Commissione Ermini, in accordo con il ddl Gui, provò a delineare lo scenario in cui da una parte ci sarebbero state le università nel vero senso della parola, autorizzate a rilasciare diploma, laurea e dottorato; dall’altra  i cosiddetti “istituti aggregati”, che avrebbero potuto erogare soltanto diplomi di primo livello. Il decreto legge non venne approvato perché scatenò un forte dibattito incentrato sulla questione dell’uguaglianza, dell’accesso all’istruzione e dell’assenza di democraticità del processo di differenziazione degli atenei in prestigiosi, destinati a sfornare i quadri dirigenti, e in istituti “parcheggio”, atti a fornire la manovalanza, la manodopera dequalificata utile al sistema. Oggi, in un contesto di crisi in cui flessibilità, (un modo elegante per indicare la facilità di entrata e di uscita dall’occupazione, come da migliore logica co.co.pro, co.co.co), licenziamento e disoccupazione relegano i lavoratori ad un esercito industriale di riserva in attesa di una magra cassa integrazione (quando c’è), mentre i padroni continuano a lucrare sulle nostre vite, cosa comporterebbe? Una gara dove chi non studia alla Bocconi di Milano o alla Luiss di Roma, garantendosi una poltrona per il prossimo governo “tecnico”, vince precariato, lavoro nero, disoccupazione, contratti a chiamata e una pensione da 500 euro netti (quando va di lusso), dopo aver passato anni su libri di case editrici affiliate ad agenzie di rating (come la McGraw -Hill) e a fare ricerche su come garantire maggiore profitto alle aziende invece che su come curare malattie ad esempio. A sostegno implicito di tutto ciò, Marino si lascia sfuggire, durante un lungo sproloquio di classifiche internazionali da 400 e 500 posti, che, secondo gli ultimi dati, tra i 14 atenei che compaiono nei ranking più noti, solamente uno è del sud, nonostante gli atenei del meridione costituiscano ben il 31, 8% del totale degli atenei italiani. Questa esemplifica la presenza di evidenti differenze economiche e sociali che si riflettono anche secondo aree geografiche: se per quest’anno l’Ardsu toscana è riuscita più o meno a garantire quasi tutte le borse di studio, poco possono dire gli studenti idonei ma non beneficiari di molti atenei del sud, che pur avendo diritto alla borsa non ne hanno mai vista una.

 A ben poco valgono dunque le parole di Marino, che si prodiga in rassicurazioni su come la differenziazione non possa rappresentare che un beneficio per noi studenti, tutto questo mentre continua imperterrito a sciorinare dati su sbocchi occupazionali e classifiche delle varie università. Anche qui, quali classifiche, secondo quali criteri? Se il criterio costitutivo del sistema formativo deve essere la rispondenza al mercato del lavoro dipinto poche righe innanzi non possiamo fare altro che metterci le mani nei capelli: l’unica cosa che possiamo sperare è di studiare sterili nozioni (la cultura, quella vera, quella libera, sottratta al profitto e ai baroni universitari di turno è un’altra cosa), in attesa che valutino il nostro grado di mercificazione. La guerra ai fuoricorso, molto spesso studenti lavoratori, e la retorica del meritevole dall’altra spingono noi studenti in gara alla corsa al foglio di carta: una corsa che porterà la maggior parte di noi verso il baratro del precariato, della disoccupazione, dello sfruttamento, mentre pochi fortunati ci comanderanno a bacchetta sventolando master della London School of Economics dai costi esorbitanti. È dunque questo il merito di cui dovrebbero fregiarsi le nostre università? L’orgoglio di Marino quando rivela l’encomiabile posizione di graduatoria di alcune delle nostre università tra i primi 100 posti nelle classifiche internazionali è dunque quanto di più imbarazzante: gioite, se non siete destinati all’élite, vi rendiamo perfetta carne da macello!

 Qua si parla solo di classifiche e dati tecnici che tacciono sulle ingiustizie, si balbettano scuse e si evita di rispondere a domande troppo imbarazzanti, ci si riempie la bocca di criteri ambigui come merito, produttività e selezione.

E dei docenti, i ricercatori licenziati in questi anni di riforme? Delle condizioni dei  lavoratori delle portinerie e delle pulizie in subappalto? Dell’aumento delle tasse, della riduzione delle borse di studio, delle case dello studente abbandonate, della diminuzione di più di 50.000 immatricolati all’università in tutta Italia?

Di noi studenti lavoratori e a tempo pieno, delle nostre famiglie, costrette a stringere sempre di più la cinghia, le vostre classifiche e i vostri dati non parlano.

 Tutto questo differenziare, selezionare… ma l’accesso all’istruzione non è un diritto? Sì? E allora noi ce lo prenderemo.

 I DIRITTI NON SI MERITANO, SI CONQUISTANO.

 PER UN’ISTRUZIONE E UN LAVORO LIBERI DAL PROFITTO.

Collettivo Politico * Scienze Politiche

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L’ateneo inserisce Confindustria nel Cda, la Digos denuncia gli studenti: noi rispondiamo rilanciando la lotta

Striscione

In questi giorni sono state notificate alcune denunce da parte della questura di Firenze contro gli studenti che il 16 Gennaio si erano mobilitati per contestare la seduta del senato accademico che avrebbe approvato l’ ingresso dei privati nel Consiglio di Amministrazione d’ Ateneo. 

Resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale sono i reati di cui sono accusati ben nove studenti fiorentini, colpevoli di aver espresso ancora un forte dissenso verso tutto quello che ci viene imposto dai poteri forti con la scusa dello “stato emergenziale”.

A queste accuse non possiamo che rispondere ribadendo le nostre rivendicazioni: siamo contrari al processo di aziendalizzazione di scuola e università, volto ad assoggettare quello che dovrebbe essere un luogo di elaborazione di sapere e coscienza critica a interessi e logiche privatistiche.

Infatti, nel nostro ateneo, dei tre nuovi membri privati eletti dal senato accademico proprio il 16 Gennaio due fanno parte di Confindustria: essi rappresentano perciò l’espressione diretta degli interessi del capitale privato italiano. Questo cosa comporta?

Ricerca sempre più succube delle esigenze aziendali, “razionalizzazione” di ciò che è ritenuto improduttivo (ovvero il taglio di offerta formativa a livello quantitativo e qualitativo) e maggiore selettività in base a principi elitari e classisti, come la tanto decantata meritocrazia, sono solo alcuni aspetti connaturati alla strutturazione attuale del comparto formativo.

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ONDA 2008: LA STORIA NON SI SCRIVE NEI TRIBUNALI! Solidarietà agli studenti condannati per le mobilitazioni del 2008

DSC_0111Come Collettivo Politico esprimiamo la massima solidarietà ai compagni di Milano condannati ieri per le mobilitazioni studentesche del 2008 e riportiamo il comunicato dell’Assemblea di Scienze Politiche di Milano sull’accaduto: la repressione non fermerà le nostre lotte!

Chi controlla il passato, controlla il presente e il futuro

LA STORIA NON SI SCRIVE NEI TRIBUNALI

Solidarietà agli studenti condannati per le mobilitazioni del 2008

Il 25 Marzo 2013, il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza di primo grado verso alcuni studenti per la tentata occupazione della stazione di Milano Cadorna, avvenuta durante il periodo di mobilitazione noto come “movimento dell’Onda”. Si tratta di 4 condanne dai 5 ai 9 mesi per un totale di quasi 3 anni di condanna per reati che vanno dalla violenza a pubblico ufficiale, al lancio di oggetti, all’istigazione a delinquere.

“Mai quest’onda mai mi affonderà, gli squali non mi avranno mai…”

Colpendo gli studenti che si sono battuti con più decisione, si tenta di rinchiudere dentro i tribunali un grande movimento, che tra il  2008 e il  2009, si batté sia contro la riforma Gelmini, sia contro le politiche neoliberiste di governo e Confindustria. Centinaia di migliaia di persone scesero in piazza nei cortei, nei blocchi stradali e delle stazioni, nelle occupazioni delle facoltà e delle scuole; le nostre rivendicazioni non riguardavano soltanto l’ambito studentesco: collegarsi alle lotte dei lavoratori, contro i licenziamenti, o contro l’ulteriore precarizzazione della forza lavoro, erano parole d’ordine assunte da buona parte del movimento.

Chi governa sa benissimo che il mondo della formazione, afflitto dai continui tagli al diritto allo studio imposti dalla crisi e dal regime di austerity, è sempre più funzionale ad un mondo del lavoro precario e senza alcuna garanzia. Solo in questi ultimi giorni si è  constatato – secondo fonti ISTAT – di come la disoccupazione giovanile tra i laureati sia aumentata in un solo anno del 35%, senza contare gli stage, il lavoro sommerso e gli impieghi senza contratto. Le stesse rivendicazioni del movimento studentesco dell’Onda sono perciò oggi più che mai valide, e ciò viene anche dimostrato dalla volontà dello Stato e degli organi repressivi di colpire quegli studenti che hanno continuato e continuano a lottare contro l’università e la scuola azienda, contro l’istruzione-merce, ricollegandosi alle lotte dei lavoratori e, più in generale, a quelle contro lo sfruttamento e la devastazione di vite e territori.

La risposta migliore ad un attacco repressivo è quindi continuare la lotta: per questo, pensiamo che si debba riportare la questione dalle aule dei tribunali agli studenti, ai giovani lavoratori che hanno dato vita a quelle mobilitazioni, e che ancora oggi si battono.

Sviluppare una memoria collettiva, da anteporre alla “memoria giudiziaria” significa prima di tutto porre le basi e affilare la critica per le future mobilitazioni, sia nella scuola che nel mondo del lavoro. Allo stesso tempo, è l’esempio migliore che si possa dare verso le giovani generazioni di studenti che, cercando di sviluppare la loro critica alla deriva aziendalista della scuola e dell’università, stanno già preparando la prossima Onda.

“Aspettando un’onda lunga, passa la cera un’altra volta. 

Poi col vento nelle mani,  qui il futuro è già domani” 

Ribellarsi era, è, e sarà giusto!

No all’istruzione merce!

No alla scuola/università-azienda!

ASSEMBLEA SCIENZE POLITICHE

scienzepolitichemilano@inventati.org

spomilano.noblogs.org

RED NET

Rete delle realtà studentesche autorganizzate

www.red-net.it

 

 

 

 

 

 

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ALCUNE VALUTAZIONI DOPO IL CORTEO ANTIFASCISTA DEL 9 MARZO

antifaschistische_aktion_florenz1Come Firenze Antifascista, viste anche le dichiarazioni sulla stampa e il comunicato di Silvano Sarti, crediamo necessario intervenire rispetto al corteo antifascista di sabato scorso. Un corteo, sottolineiamo, partecipato da circa 1500 persone, studenti, lavoratori, militanti e semplici cittadini, che hanno contrastato ancora una volta la presenza dei fascisti nella nostra città.


Il corteo è stato lanciato preparato e autofinanziato, come ormai da anni, da Firenze Antifascista, coordinamento di realtà politiche, sociali e studentesche di cui fanno parte anche diversi circoli territoriali dell’ANPI. Questi circoli hanno proposto all’ANPI Provinciale ed al suo presidente Sarti, di aderire formalmente all’iniziativa. Appare quindi sconcertante, diremmo anche ridicola oltre che in palese malafede, la ricostruzione che Sarti fa della nascita della manifestazione, sostenendo che l’ANPI provinciale ne fosse il promotore. Così come appare sconcertante che dica di aver preso la testa del corteo proprio quando sono stati i compagni di Firenze Antifascista a chiamarlo per fare un intervento in cui ha detto: “Noi non abbiamo mai cambiato nome in settanta anni. Voi siete quello che rappresenta l’antifascismo oggi”. Ma con chi pensava di parlare? Con i manifestanti di Firenze Antifascista o con il Pd-Ds-Pds-Pci? mah…
E per ultimo, sembra assurdo che sempre il Sarti si lamenti della strumentalizzazione della stampa e del fatto che non si sia parlato del corteo ma solo delle polemiche…proprio lui che si è lasciato andare a dichiarazioni indecenti…

Nella fase preparatoria del corteo era stato chiarito che non sarebbero state gradite le bandiere di quei partiti che hanno di fatto legittimato la presenza dei neofascisti nella politica italiana. Prosegui la lettura »

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Con Dax nel cuore: appello per la manifestazione antifascista e anticapitalista del 16 marzo a Milano.

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