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Sul corteo del 22 giugno: NO alla (contro) riforma del lavoro! NO al governo Monti!

Al fianco delle manifestazioni convocate a Roma e Milano per lo sciopero generale del sindacalismo di base, a Firenze siamo scesi in piazza per ricordare e rivendicare i diritti che ci spettano: un lavoro a condizioni dignitose, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ed i servizi pubblici garantiti per tutti.

Stavolta la lotta contro il governo Monti e contro la riforma del lavoro non è rimasta legata al tessuto urbano della Firenze-vetrina per turisti ma, riversandosi in piazza nella zona industriale di Firenze nord e Calenzano, si è portata nei luoghi dove lo sfruttamento e la produzione capitalista avvengono nel concreto, provocando anche concreti disagi alla circolazione del traffico e delle merci. Così facendo, la giornata di lotta di ieri ha espresso una critica generale al sistema di sfruttamento che padroni e governanti ci impongono in modo sempre più arrogante, con la scusa dei “sacrifici” e della “austerità”, in un periodo di crisi sistemica del capitale.

Diciamo anche che questo importante passaggio politico vuole andare nella direzione di connettere e ricomporre le lotte di tutti i lavoratori, dal settore pubblico al privato, passando per i precari, i disoccupati e gli studenti (quali futuri lavoratori). Infatti, l’unica strada percorribile per resistere e rovesciare l’attacco che viene mosso ai nostri diritti ed alle nostre condizioni di vita, è fornire una risposta unitaria come classe, come subalterni, tenuti insieme degli stessi interessi. Ormai da anni assistiamo al tentativo da parte dei padroni di dividere la classe lavoratrice, ad esempio, tra garantiti e precari, tra privilegiati e non, tra vecchi e giovani. Il cosiddetto centro sinistra e i sindacati confederali si sono dimostrati passivi e complici rispetto a questo disegno, che oggi assume i connotati di una vera e propria guerra tra poveri. Perciò oggi è necessario rifiutare in blocco la contro riforma del lavoro e difendere i diritti e le tutele conquistati con le lotte degli anni ’60 e ’70, non per conservare lo status quo ma per estenderle a tutti i lavoratori, siano essi precari, vecchi, giovani o migranti.

Che i sacrifici li facciano i padroni! Il capitalismo è la crisi!

Di seguito il comunicato dei sindcati di base: Read the rest of this entry »

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Fuori MONTI, DRAGHI e BARROSO! Comunicato del corteo del 9 maggio

Oltre 1.500 persone hanno risposto all’appello a manifestare contro la presenza di Monti, Draghi e Barroso a Firenze, sfilando intorno ad una piazza della signoria completamente militarizzata. Un corteo fatto di tanti lavoratori e studenti, uniti contro l’europa delle banche e dei padroni e contro le politiche del governo Monti. Numerose le realtà presenti in piazza: coordinamenti di lavoratori, sindacati di base, collettivi studenteschi, centri sociali, partiti. Particolarmente significativa la partecipazione di una rappresentanza operaia dalla GKN di campi bisenzio, dove i lavoratori hanno scioperato, e dei lavoratori ATAF in lotta contro la privatizzazione del trasporto pubblico. I manifestanti hanno scandito slogan contro la politica dei sacrifici imposta dall’europa e attuata dal governo monti, contro i tagli alla spesa pubblica e per la difesa integrale dell’art.18, contro i compromessi truffa promossi da PD e CGIL. Tra gli slogan più ripetuti, la richiesta di un vero sciopero generale contro il governo monti e le sue politiche. Il corteo di oggi rappresenta per tutti i partecipanti il primo passo di un percorso per costruire l’unità dal basso delle lotte fino alla cacciata del governo Monti e alla fine delle politiche antipopolari di austerità.

i manifestanti del 9 maggio 2012

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Riformismo e anticapitalismo nel movimento NO-DEBITO

Di seguito un contributo al dibattito e l’approfondimento sul debito di

Giulio Palermo (compagno, barone e ricercatore di economia politica)
palermo@eco.unibs.iteco.unibs.it/~palermo

Scarica QUI il documento in Pdf

La crisi del debito pubblico in Europa impone dure misure restrittive che si abbattono su una situazione economica già critica. Secondo le istituzioni internazionali e i governi nazionali non c’è altra via d’uscita: pagare il debito è l’unica cosa da fare.
La gente protesterà, ma non si può vivere perennemente al di sopra dei propri mezzi. Lo stato deve ora onorare i suoi debiti, anche a costo di adottare misure impopolari. Niente mostra meglio la distanza che esiste tra stato e popolo della rabbia sociale espressa fuori del Parlamento greco, mentre all’interno gli onorevoli onoravano i loro impegni con la comunità internazionale, approvando i provvedimenti indicati dalla Banca centrale europea, l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale, in difesa del potere bancario. Senza più alcuna mistificazione, lo stato schiaccia il proprio popolo, come misura necessaria a salvare il capitale internazionale.

In Italia, qualche ministro piange al pensiero che milioni di pensionati non arriveranno più a fine mese, ma non si dimette di certo: perché qualcuno il lavoro sporco dovrà pur farlo. “Misure impopolari, ma necessarie”, questo è il ritornello. Perché, appunto, la necessità è salvare le banche, anche a costo di sacrificare il popolo. Gli stessi partiti di sinistra con ambizioni di governo faticano a dire qualcosa di sinistra perché la prima preoccupazione, per loro come per ogni partito borghese, non è il popolo che dovrebbero rappresentare, ma la stabilità del sistema, la solvibilità delle banche e la tenuta delle istituzioni finanziarie internazionali.

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NO all’abolizione del valore legale del titolo di studio! NO alla selezione di classe!

Nella cosiddetta fase due che il Governo Monti sta cercando di attuare è prevista una serie di provvedimenti economici, fra cui le liberalizzazioni, che colpiscono vari settori della società. L’università non è stata esclusa da questo processo di adeguamento agli standard economici e sociali europei. Era prevista per venerdì, infatti, la discussione al Consiglio dei Ministri di una proposta per un diverso criterio di accreditamento degli atenei italiani. I punti di questa proposta sono tre:

– la caduta del vincolo di laurea per i concorsi pubblici

– l’annullamento del voto di laurea come criterio di valutazione

– il diverso accreditamento delle singole università italiane.

È proprio su questo punto che ci vogliamo soffermare.
Il suo significato può essere chiarito dalla dichiarazione di Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli (Istituto privato fondato dalla FIAT e dall’Istituto Finanziario Industriale): “non tutti gli atenei sono uguali. Lo sappiamo benissimo. Di conseguenza non tutti i voti conseguiti sono uguali”. Si accentua, così, il processo di classificazione degli atenei di serie A e di serie B, cominciato dalle riforme del mondo dell’istruzione degli ultimi anni, uno degli strumenti di cui il cosiddetto “Processo di Bologna” si è dotato per fare del polo europeo un polo più competitivo sulla scena internazionale.

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