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Il dibattito sulla crisi: e se fosse sovrapproduzione?

crisi_1929Riportiamo questa traduzione da Senzasoste, vista la chiarezza con la quale viene spiegata la crisi del capitalismo.

Ibán Díaz Parra

Rebelión

Negli ultimi anni si è sentito dire che la causa della crisi sono il sistema finanziario, i mutui spazzatura, l’avarizia dei mercati, la cattiva amministrazione dei politici e delle istituzioni regolatrici eccetera eccetera. Probabilmente in ognuna di queste c’è una parte di ragione, in alcune molto più che in altre. Tuttavia, come diceva tempo fa David Harvey (cfr. Crisis of Capitalism < http://youtu.be/qOP2V_np2c0>), sembra che l’ultima cosa a passare per la testa alla maggior parte degli economisti e/o opinionisti di professione è che la causa della crisi sia il sistema stesso, che si tratti di una crisi strutturale.

Anche qualche anno fa qualcuno chiese in un gruppo di discussione al quale partecipava se la crisi che allora iniziava a intravedersi fosse una tipica crisi di produzione. Allora pensavo di sì, ed è un’opinione che continuo ad avere.

La teoria classica della crisi

Nella teoria marxista classica le crisi capitaliste hanno origine nelle imprese che non trovano mercato per i loro prodotti. Sovrapproduzione che pertanto tende a coesistere con una situazione di disoccupazione, e che nel suo complesso non è altro che capitale e forza lavoro (un altro tipo di capitale) che non trovano opportunità per essere investiti e generare profitti. Questo non vuol dire che non ci sia scarsità. La sovrapproduzione implica eccedenze di merci e le merci non vanno a coprire i bisogni umani ma la domanda solvente.

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L’importanza di logistica e circolazione delle merci per lo sviluppo strategico del capitalismo italiano

Riportiamo un documento di analisi sullo sviluppo strategico tendenziale del capitalismo italiano redatto dai compagni del CSA Vittoria di Milano:

Per uscire dalla crisi che ha colpito il sistema di produzione capitalista negli anni ’70 e per il conseguente rilancio di un nuovo ciclo di valorizzazione (e di accumulazione dei profitti), diverse e articolate sono state le misure adottate dal capitale che si sono, in estrema sintesi, mosse lungo due direttrici di massima: in primis, l’esternalizzazione e lo snellimento della produzione nonché l’implementazione del ricorso agli strumenti offerti dalla finanza e, poi, la deregolamentazione del mercato del lavoro (e la conseguente precarizzazione dei rapporti di lavoro) e la compressione dei salari.

Da un lato, infatti, pur mantenendo e conservando una forma fortemente centralizzata del comando negli stati a capitalismo avanzato, si sono sfruttate e create intere filiere transnazionali alla costante ricerca di luoghi ove produrre a costi inferiori (e con maggiori profitti) rispetto a quelli di origine, in virtù soprattutto dello sfruttamento di amplissimi bacini di forza lavoro senza diritto alcuno, né sindacalizzazione e con salari miserevoli (nonché di un esercito di riserva potenzialmente illimitato). Prosegui la lettura »

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Riapre Casapound a Firenze: i complici di Casseri a due passi dalla questura (e un nostro breve dossier)

Il killer fascista Gianluca Casseri di Casapound Pistoia (nella foto col maglione rosso) colui che il 13 dicembre uccise Samb Modou e Diop Mor ferendo altri tre ragazzi, era presente già nel 2009 al polo di Novoli  in compagnia di altri esponenti di Casapound, quando provarono ad effettuare un volantinaggio. Si distinguono chiaramente il responsabile provinciale fiorentino Saverio Di Giulio (rasato, di spalle, col cappotto nero) e quello regionale Fabio Barsanti(accanto a Casseri, giacca di pelle, con le mani in tasca). Di seguito, qualche considerazione e altre foto che testimoniano la palese appartenenza di Gianluca Casseri a Casapound e, di conseguenza, la complicità dell’organizzazionene fascista Casapound nell’omicidio di Samb Modou e Diop Mor, a differenza di quanto da loro affermato.

Saverio Di Giulio (a destra, cappotto nero, mani in tasca e occhiali in testa) e Gianluca Casseri, che guarda verso di lui sorridendo. Fabio Barsanti rimane nella parte sinistra della foto, con gli occhiali neri ed il giubbotto di pelle

Mentre Firenze Antifascista è impegnata in una giornata in ricordo di Samb Modou e Diop Mor, i due ragazzi uccisi dal neofascista di Casapound Gianluca Casseri, e in solidarietà agli antifascisti sotto processo, Casapound Firenze apre la sua nuova sede a due passi dalla questura.

La nostra giornata di piazza è il frutto di un dibattito sviluppatosi negli ultimi mesi fra varie realtà del territorio che ha portato alla creazione di una mostra sulla strage di Piazza Dalmazia e sui legami e le coperture dei fascisti nella nostra città. Questa è Firenze: se da un lato gli antifascisti sono costretti a subire perquisizioni denunce e condanne, ai fascisti viene sempre più data agibilità e la possibilità di aprire nuove sedi.

Di seguito una foto che dimostra in modo inconfutabile quanto da noi affermato Prosegui la lettura »

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SUL PROCESSO CONTRO IL MOVIMENTO FIORENTINO E LA SOLIDARIETÀ

L’operazione repressiva iniziata con gli arresti del 4 maggio e 13 giugno 2011 e che vede ora l’apertura di un processo a carico di 86 compagni di diverse realtà di movimento fiorentine, intende colpire le mobilitazioni e le lotte degli ultimi anni di studenti, lavoratori, centri sociali e tanti altri soggetti: per il diritto allo studio e contro la riforma Gelmini, contro il fascismo e l’apertura di Casapound; contro il razzismo e l’apertura dei CIE, fino ad arrivare alle lotte contro l’attacco ai diritti ed alle condizioni di vita dei lavoratori.

Come imputati nel processo contro il movimento fiorentino che si è aperto il 14 giugno scorso, vogliamo prima di tutto rivendicare tutte queste lotte, condivise con altre migliaia di compagni, che hanno caratterizzato questo periodo non solo a Firenze, che non saranno fermate, né cancellate, da alcun tentativo di criminalizzazione e intimidatorio.

Siamo convinti del fatto che la Solidarietà sarà tanto più forte e allargata quanto più forti, partecipate e determinate saranno le lotte che si stanno sviluppando e si svilupperanno sul nostro territorio e nelle quali continueremo a dare il nostro contributo.

La Solidarietà è un elemento che deve vivere all’interno di questo contesto e che da questo contesto deve esser valorizzato: la lotta senza la solidarietà è destinata a naufragare, scompaginarsi e dividersi, specialmente nel momento in cui la repressione dovesse colpire, mentre la Solidarietà al di fuori delle lotte sarebbe svuotata del proprio significato.

Pensiamo che il processo che ci vede imputati riguardi, non solo noi e le nostre realtà di appartenenza, ma tutti coloro che in questa città sono coinvolti nelle vertenze, nelle battaglie e nelle lotte aperte sul territorio. La montatura da cui ha preso il via l’inchiesta, l’utilizzo del reato associativo, l’ossessiva criminalizzazione di ogni minimo avvenimento, la cooptazione di soggetti diversi dalle forze di polizia e quindi la possibilità di inasprire ulteriormente le condanne attraverso i risarcimenti alle cosiddette “parti civili” presumibilmente “lese” (istituiti di credito, enti pubblici, partiti e fascisti vari), evidenzia con chiarezza le modalità con cui la strategia repressiva si concretizza, mirando a colpire tutti coloro che decidono di determinare autonomamente il proprio agire posizionandosi al di fuori delle compatibilità imposte dallo Stato le cui maglie si stanno facendo sempre più strette.

L’autonomia e l’indipendenza rappresentano la forza di quei movimenti che oggi in Italia e non solo si stanno rendendo protagonisti, e rappresentano sicuramente un punto di riferimento importante per chi non vuole abbassare la testa di fronte alle disuguaglianze e allo sfruttamento di questo sistema. Prosegui la lettura »

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Cosa ci può insegnare la lotta dei minatori asturiani

da clashcityworkers.org

Il 15 giugno è stato il diciottesimo giorno della lotta dei minatori asturiani contro i tagli che il governo Rajoi ha deciso per il settore: una riduzione del 63% dei contributi statali al comparto minerario (si passerebbe da 300 a 110 milioni di euro). Si tratta di una misura che avrà una ripercussione immediata, di cui il governo spagnolo è chiaramente più che conscio: la perdita del lavoro per circa 8000 lavoratori, dal momento che senza il contributo statale le miniere non saranno piu’ competitive. E le Asturie, regione in cui si concentrano ben 40 miniere, saranno colpite piu’ delle altre aree del paese.

La risposta dei minatori poteva forse sembrare un costo inevitabile da pagare per chi ha progettato e sferrato l’attacco, ma probabilmente non si aspettavano le modalità che la protesta ha assunto da venti giorni a questa parte.

Cronaca della lotta

Il 23 maggio è iniziato uno sciopero dei minatori, supportato dalle due principali centrali sindacali spagnole, Comisiones Obreras e Union General de los Trabajadores (va però precisato che l’appoggio di questa lotta e’ l’eccezione, non la norma per questi due sindacati, quasi sempre fidi alleati di padroni e governo) ed i minatori hanno occupato anche la principale piazza di Oviedo (il piu’ grande centro cittadino nelle Asturie), seguendo la tattica utilizzata dal cosiddetto movimento degli “Indignados” proprio un anno fa. Ma le somiglianze con questo movimento non pare vadano molto oltre. Una linea di discontinuita’ e’ stata posta dagli stessi scioperanti che hanno esposto proprio in piazza uno striscione molto esplicito: “No Estamos Indignados, Estamos Hasta Los Cojones” (“Non siamo indignati, ci siamo rotti i coglioni”).

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Riforma Profumo: “perchè io valgo!”Analisi della riforma di scuola e università

“…devi contare solo su di te.
Uno su mille ce la fa  ma quanto è dura la salita in gioco c’è la vita…”

Gianni Morandi, Uno su mille

Continua la road map contro i diritti portata avanti dal Governo dei “tecnici”: dopo l’attacco alle pensioni, dopo lo smantellamento dell’articolo 18, dopo le numerose altre tutele e diritti dei lavoratori che vengono messe in discussione, adesso, ad essere preso di mira, è l’intero comparto della formazione.

Ma perché, dopo le misure “lacrime e sangue” previste dai provvedimenti precedenti, arriva proprio a questo punto un decreto legge che tocca il mondo dell’istruzione, oltretutto a costo zero, quindi senza alcuna possibilità di apportare modifiche strutturali? Perché la scuola e l’università, più di altre istituzioni, promuovono costantemente la costruzione e la riproduzione di un apparato ideologico perfettamente funzionale alle esigenze di quella classe dominante che sta portando avanti contemporaneamente l’attacco al mondo del lavoro. Da questo punto di vista, è necessario far penetrare, anche in queste istituzioni, il profilo ideologico che risulti organico al modello d’Italia che questa classe dirigente sta provando a delineare: un paese competitivo sul piano europeo e degno di fiducia agli occhi dei grandi imprenditori e di quelle moderne divinità chiamate mercati.

E così, ancora una volta, dietro il velo costituito dalla retorica del “merito”, si prova a nascondere un attacco impregnato da una netta ideologia classista, sferrato contro un’istruzione già martoriata dai precedenti tagli. Il decreto legge sembra, ad un’attenta analisi, più che altro un vero e proprio manifesto ideologico del Governo Monti, tutto incentrato sulla definizione di un’università e di una scuola sempre più d‘élite, in cui, quelli che dovrebbero essere diritti minimi garantiti a tutti gli studenti (borse di studio, agevolazioni in base al reddito, possibilità di approfondire i propri studi, ecc…), Prosegui la lettura »

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Riformismo e anticapitalismo nel movimento NO-DEBITO

Di seguito un contributo al dibattito e l’approfondimento sul debito di

Giulio Palermo (compagno, barone e ricercatore di economia politica)
palermo@eco.unibs.iteco.unibs.it/~palermo

Scarica QUI il documento in Pdf

La crisi del debito pubblico in Europa impone dure misure restrittive che si abbattono su una situazione economica già critica. Secondo le istituzioni internazionali e i governi nazionali non c’è altra via d’uscita: pagare il debito è l’unica cosa da fare.
La gente protesterà, ma non si può vivere perennemente al di sopra dei propri mezzi. Lo stato deve ora onorare i suoi debiti, anche a costo di adottare misure impopolari. Niente mostra meglio la distanza che esiste tra stato e popolo della rabbia sociale espressa fuori del Parlamento greco, mentre all’interno gli onorevoli onoravano i loro impegni con la comunità internazionale, approvando i provvedimenti indicati dalla Banca centrale europea, l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale, in difesa del potere bancario. Senza più alcuna mistificazione, lo stato schiaccia il proprio popolo, come misura necessaria a salvare il capitale internazionale.

In Italia, qualche ministro piange al pensiero che milioni di pensionati non arriveranno più a fine mese, ma non si dimette di certo: perché qualcuno il lavoro sporco dovrà pur farlo. “Misure impopolari, ma necessarie”, questo è il ritornello. Perché, appunto, la necessità è salvare le banche, anche a costo di sacrificare il popolo. Gli stessi partiti di sinistra con ambizioni di governo faticano a dire qualcosa di sinistra perché la prima preoccupazione, per loro come per ogni partito borghese, non è il popolo che dovrebbero rappresentare, ma la stabilità del sistema, la solvibilità delle banche e la tenuta delle istituzioni finanziarie internazionali.

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QUALCHE DATO SULLA LINEA TAV TORINO-LIONE

 LE DIMENSIONI: 254-265 Km a seconda dell’opzione nella parte francese, solo venti o trenta chilometri in meno della linea attuale che è di 287 Km (dati RFI). Solo la galleria principale sarà lunga 53 chilometri, a cui vanno sommati altri 41 Km di galleria solo nella tratta italiana.

I COSTI: i preventivi parlano di costi che partono dai 120 MILIONI di Euro al chilometro (1200 Euro al centimetro!) fino ad arrivare a 182 Milioni/Km nella tratta più onerosa, i 53 Km di tunnel. In un momento in cui si fanno tagli al sociale in ogni direzione (scuole, università, ospedali e trasporti pubblici) i cittadini italiani sborseranno 12-13 MILIARDI di Euro (a cui si sommano i miliardi sborsati da Francia e Unione Europea). Ma non è tutto: non disponendo lo Stato di questi soldi sarà costretto a prenderli in prestito dalle banche per poi restituirli con gli interessi (arrivando a 16-17 miliardi in totale).. Alla faccia del debito pubblico!

I DANNI PER L’AMBIENTE: si parla di un impatto irreversibile in termini di equilibrio idrogeologico (come è successo in Mugello), sull’ecosistema vegetale e animale e sulla salute degli abitanti. Il tunnel inoltre attraverserebbe montagne piene di amianto e di uranio (che verrebbero liberati nell’atmosfera) senza un progetto di “recupero” e sostenibilità.

L’INUTILITA’: in vista della previsione dell’aumento dei trasporti(commerciali e non) lungo la tratta, sostenuta ad esempio dalla società LTF (guarda caso di proprietà Prosegui la lettura »

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Quel che non si ricorda il 10 febbraio

“So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori.”

Benito Mussolini, 1943

Con la fine della I guerra mondiale l’Italia ottiene, come

compenso per essere entrata in guerra a fianco dell’Intesa, l’Alto Adige, le città di Trieste e Gorizia, l’Istria e la Dalmazia, ovvero alcuni territori con maggioranza etnica italiana e molti altri con maggioranza slovena e croata. I suddetti territori annessi subiscono, da prima del ’22 e soprattutto durante il Ventennio, una italianizzazione forzata: l’italiano diventa l’unica lingua ufficiale, lo sloveno e il croato vengono banditi, le scuole slovene chiuse, gli insegnanti mandati al confino, le associazioni non italiane e i partiti messi fuori legge così come la stampa locale. La II guerra mondiale peggiora la situazione: nel 1941 l’Italia, insieme all’alleato nazista, occupa la ex Jugoslavia. La sua “zona di competenza” corrisponde all’odierna Slovenia. Mentre in Italia vengono allestiti decine di campi di internamento per jugoslavi, Lubiana, ad esempio, diventa un campo di concentramento a cielo aperto (fu chiusa completamente da un reticolato) e violenti rastrellamenti si perpetrano in tutta la città. In Croazia e Montenegro vengono imposte dittature fasciste. Di fronte alla forza della resistenza jugoslava (che liberò il paese senza l’aiuto né di Stalin né degli Alleati), vengono rastrellati e incendiati interi villaggi, uccisi civili senza processo e commesse atrocità di ogni tipo per dissuadere col terrore coloro che erano oppressi da più di venti anni dal resistere.

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